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Finisce la storia, ma lui continua a molestarla: il tuffatore Larsen a giudizio per atti persecutori

L’atleta olimpionico avrebbe anche picchiato la collega, allora minorenne. Malagò: “Nessun giudizio fino a una sentenza”.

Roma – Una storia nata male, quella tra il tuffatore della nazionale Andreas Sargent Larsen, danese con madre keniota con cittadinanza italiana e naturalizzato italiano, e la collega di piattaforma Valeria. I due, lui classe 1999 e allora 20enne, lei di soli 15 anni, nel 2019 si fidanzano ma la relazione dura solo quattro mesi. Un periodo breve ma terribile per la ragazza, costellato di soprusi e violenze tanto da costringere la giovane a denunciare l’ex e portarlo in tribunale. Il tuffatore, secondo Valeria, non si sarebbe mai arreso alla fine della loro storia, minacciandola con atti persecutori. E ora il nuotatore, convocato l’olimpionico, riporta Repubblica che ricostruisce il caso, è stato rinviato a giudizio.

«Avevo 15 anni quando ho accettato la proposta di Andreas, ma avrei scoperto presto che era ossessivamente geloso», ha raccontato la giovane, oggi 19enne, agli inquirenti. «Non potevo scrivere un whatsapp di complimenti a un altro atleta che s’infuriava. Mi voleva accompagnare sempre a casa: con l’Audi 4 bloccava la mia auto all’esterno del Centro federale dell’Acqua Acetosa in modo che non potessi andare via da sola».

E poi le violenze. Un giorno, nel piazzale, Larsen le avrebbe sbattuto la faccia sul volante perché lei aveva guardato un altro tuffatore. «Non era vero, quando l’avevo incrociato avevo abbassato lo sguardo temendo la sua reazione. Mi ero anche scusata. Niente, mi sono riparata con un braccio altrimenti mi avrebbe spaccato il naso». Alla fine Valeria non ce l’ha più fatta e l’ha lasciato. Ma dopo la fine della relazione, lui ha continuato a seguirla e a perseguitarla. Fino alla denuncia.

Il 5 marzo Larsen, in partenza per le Olimpiadi, è stato rinviato a giudizio per atti persecutori. Il 25 giugno ci sarà la prima udienza. Intanto la polizia, con cui Larsen è tesserato, gli ha tolto la pistola. Il tuffatore ha detto che non avrebbe mai voluto spaventare o fare del male alla ex. E mentre Federnuoto e il Comitato olimpico non hanno rilasciato dichiarazioni sulla vicenda, il presidente del Coni Malagò ha precisato a Repubblica che fino a quando non ci sarà una sentenza «è sbagliato dare giudizi».

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