Dati Save the Children: 42,6% delle donne tra 25 e 54 anni con figli non ha lavoro, il 39,2% con almeno due figli ha un contratto part-time.
Roma – Nell’ambito familiare tempi burocratici dello smaltimento dei processi si traducono non solo in un danno emotivo per le persone coinvolte, ma anche, e soprattutto, economico. Stando agli ultimi dati di Save the Children, il 42,6% delle donne tra i 25 e i 54 anni con figli non ha un lavoro, il 39,2% delle madri che hanno almeno due figli minori ha un contratto part-time. Questo si traduce necessariamente in una minore indipendenza economica e in un’inevitabile dipendenza dal partner.
”La lentezza nelle emissioni delle sentenze nelle procedure di famiglia – commenta l’avvocato Valentina Ruggiero, esperta in diritto di famiglia – danneggia enormemente i soggetti più deboli, che sono spesso donne con figli, gettandolo in uno stato di profondo sconforto psicologico. Nella materia familiare viene emesso dalla prima udienza un provvedimento provvisorio che stabilisce anche l’assetto provvisorio economico tra le parti. Ma è con la sentenza finale del giudizio che si statuisce se quell’assegno deve essere versato da un certo tempo in poi, cioè la sua retroattività”.
“Se la sentenza – spiega – verrà emessa dopo anni, per una disfunzioni della giustizia, il soggetto che è soccombente deve restituire all’altro somme che nel frattempo ha già speso, come nel caso di madri
che ricevono l’assegno per i figli e spendono quelle somme per le necessità dei figli, finendo poi per indebitarsi ingiustamente per restituire quel denaro, con un danno ingente sia economico che psicologico”. In molti casi queste donne si trovano a dover affrontare non solo la fine della relazione e la difficile ricerca di un lavoro che consenta loro di continuare a prendersi cura dei figli allo stesso modo, ma si trovano anche a vivere una profonda incertezza economica, non sapendo se poter spendere i soldi di quell’assegno, magari per aiutare i figli a superare un momento così critico, ottenerli da parte nel caso dovessero essere restituiti.
”Ciò – avverte Ruggiero – non deve più avvenire, e necessita sul punto non solo un chiarimento, ma di una normativa precisa, perché questioni come la carenza dei giudici e del personale dei tribunali, o l’efficienza di una specifica sezione, non devono interessare ai cittadini e non possono essere un loro problema”. “Bisogna stabilire a mezzo legge – auspica – che se la lungaggine della decisione è da imputarsi a ritardi dell’ufficio o dell’organo competente, la retroattività deve decorrere dalla data in cui è stata pubblicata quella determinata sentenza, senza ledere il soggetto soccombente. Questo è quanto dovrebbe avvenire in un paese civile”.