False fatture a Napoli, sequestro di beni per oltre 16 milioni di euro [VIDEO]

Centinaia di dipendenti, assunti formalmente da aziende prive di reale operatività, erano impiegati presso le sedi operative di una società committente.

Napoli – Nell’ambito di attività di indagine in materia di somministrazione illecita di manodopera, dirette dalla Procura di Napoli Nord e delegate al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, il gip ha disposto un sequestro preventivo di beni per un ammontare complessivo di 16.717.173 euro nei confronti di cinque persone fisiche e giuridiche, indagate per i reati di emissione e utilizzo in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti. Le attività investigative, condotte in collaborazione con il Settore Contrasto Illeciti dell’Agenzia delle Entrate, avrebbero disvelato una complessa frode fiscale, perpetrata attraverso la stipula di fittizi contratti di appalto di manodopera, in violazione della normativa di settore.

In particolare, è stato rilevato che centinaia di dipendenti, assunti formalmente da società prive di reale operatività, erano impiegati presso le sedi operative di una società committente, che ne organizzava e dirigeva direttamente il lavoro, anche con l’ausilio di un software gestionale.

Sei società “serbatoio” (sub-appaltatrici) e una società “intermediaria” (appaltatrice) fornivano il personale a costi illecitamente competitivi, grazie all’omesso versamento dell’IVA e delle ritenute IRPEF, mentre la società committente detraeva l’IVA ed evitava il sostenimento dei costi fissi afferenti ai rapporti di lavoro subordinato.

Le società “serbatoio”, che avevano formalmente il personale alle dipendenze, presentavano elementi di anomalia: Erano state costituite lo stesso giorno, con l’assistenza del medesimo professionista.
Avevano assunto contestualmente personale precedentemente impiegato presso altre società (“transumanza” del personale). Non avevano presentato il bilancio d’esercizio e la dichiarazione annuale.
Non avevano effettuato i versamenti delle imposte e dei contributi. Erano assistite dai medesimi soggetti per gli adempimenti tributari, societari e in materia di lavoro. Avevano tutte rappresentanti legali riconducibili alle cosiddette “teste di legno”, nullatenenti e privi di pregresse esperienze professionali o imprenditoriali.

L’evasione fiscale perpetrata ha generato diversi vantaggi lungo l’intera filiera:
Consentire costi più bassi per i servizi ricevuti e, conseguentemente, la possibilità di praticare prezzi più competitivi. Abbattere il debito erariale attraverso l’indebita detrazione di IVA, che non veniva versata dalle società appaltatrici e sub-appaltatrici. Evitare di assumere responsabilità sulle irregolarità fiscali e previdenziali commesse dalle società “cartiere”. Nel corso delle indagini, la società committente ha sanato le irregolarità riscontrate per gli anni d’imposta dal 2018 al 2021, versando oltre 10 milioni di euro a titolo di imposte, interessi e sanzioni.

Pertanto, il sequestro preventivo è stato eseguito per le residue somme dovute all’Erario dagli altri soggetti coinvolti, per un importo complessivo di 6.454.368,73 euro. A tutte le società coinvolte è contestata anche la violazione della disciplina prevista dal D.Lgs. 231/2001, in tema di illeciti amministrativi dipendenti da reato.

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