Europee, in Spagna avanti i popolari che aprono all’Ecr: l’ira di Sanchez

Il premier spagnolo sul piede di guerra per l’ultima mossa del leader del Partito Popolare Alberto Nunez Feijoo.

Madrid – La Spagna che si avvicina alle europee non è diversa da quella che alla vigilia delle politiche
del 23 luglio e le successive elezioni in Galizia, Paese Basco e Catalogna ha visto, e vede, il Partito popolare mobilitato in piazza contro l’esecutivo di progressista di Pedro Sanchez. Anzi è – se possibile – ancora più polarizzata su vari temi, dall’immigrazione alle politiche di genere, dalla memoria storica alla transizione ecologica, con il partito di estrema destra Vox che ambisce ad un’affermazione nelle urne. Ma in un
clima ancora più teso per le tensioni internazionali aperte con Israele dalla decisione di Madrid di riconoscere lo Stato di Palestina. E dalla crisi diplomatica con l’Argentina per gli attacchi mossi dal presidente Javier Milei con le accuse di corruzione nei confronti della moglie del premier e dell’intero esecutivo.

La battaglia fra i socialisti, rafforzati dal recente test in Catalogna che ha premiato la politica di riconciliazione
promossa da Pedro Sanchez, e i popolari del leader Alberto Nunez Feijoo, che hanno convocato a Madrid come atto centrale della campagna una protesta contro l’amnistia e per “un’alternativa al partito di governo sospettato di corruzione”, è il cardine della disputa del 9 giugno. In chiave nazionale misurerà la tenuta della coalizione progressista Psoe-Sumar sostenuta dalle forze nazionaliste basche e catalane. Tuttavia, a tenere banco non sono i risultati, con l’economia tornata a crescere più delle altre in Europa, tenendo assieme diritti, equità e innovazione.

Pedro Sanchez

E’, invece, l’apertura a sorpresa di Feijoo, a inizio campagna, a possibili intese con il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Erc) della presidente Giorgia Meloni a centrare il dibattito sugli accordi con l’ultradestra. Che proprio a Madrid il 17 maggio ha tirato la volata a Vox nella convention globale, con Milei, Marine Le Pen e la premier Meloni in videoconferenza in primo piano. Feijoo ha affermato che “Meloni non è omologabile ad altri partiti che si considerano di estrema destra”. Offrendo un assist inatteso ai socialisti la cui strategia è proporsi come “diga di contenimento” contro “l’ondata reazionaria in Spagna e in Europa”.

Con vari ministri, il premier Sanchez – tornato “con più forza” dopo la breve crisi di riflessione sulle dimissioni
paventate un mese fa – ha accusato il leader dell’opposizione di essere disposto a negoziare nelle istituzioni comunitarie con “il Vox europeo”. Uno schieramento che “include non solo la presidente Meloni, ma anche Eric Zemmour in Francia, l’ultradestra svedese, il partito della giustizia in Polonia, assolutamente incompatibile con la socialdemocrazia”, ha rimarcato il leader socialista. Feijoo ha dribblato sulle alleanze per fare appello “a concentrare il voto”, per “evitare di ripetere l’errore” del 23 luglio, quando assieme a Vox,
alleato nei governi di 5 regioni spagnole, il Pp non ha raggiunto la maggioranza assoluta.

Meloni alla kermesse di Vox

Con la conferma della capolista Dolors Montserrat, i popolari dominano i sondaggi, con 24 dei 61 seggi che la Spagna eleggerà nel prossimo Parlamento Europeo. Quasi raddoppiando i 13 del 2019, grazie all’annessione dei centristi di Ciudadanos. Il Partito della rosa nel pugno, con la vicepremier Teresa Ribera,
che scalda i motori come possibile futura commissaria Ue per la Transizione ecologica, ne otterrebbe 19 (2 in meno degli attuali), stando alla media ponderata di 10 rilevamenti elaborata da Datos Rtve. Vox, con in cima alla lista Jorge Buxadé, già membro del gruppo della Falange Spagnola – e che propone di derogare al Patto Verde europeo, cancellare l’agenda 2030 e inviare l’esercito a protezione delle frontiere dai migranti – da quinta diventerebbe la terza forza con 6 seggi (rispetto ai 4 attuali).

La sinistra Sumar della vicepremier Yolanda Diaz, che con la candidata Estrella Galan propone fra l’altro “un salario minimo europeo”, otterrebbe 4 seggi. Vincendo la sfida con i vecchi soci di Podemos, che con l’ex
ministra di Uguaglianza Irene Montero si fermerebbero a 2 scranni rispetto ai 6 del 2019. Infine Ahora Repubublicas, la coalizione dei partiti baschi e catalani e regionalisti – Erc, Eh Bildu, Bng e Ara Mes – confermerebbe i 3 eurodeputati attuali, davanti a Junts Ue, dell’ex eurodeputato Carles Puigdemont, che scenderebbe da 3 a un seggio. La sorpresa fra le 33 liste schierate in campo, in gran parte senza possibilità di rappresentanza a Strasburgo, potrebbe venire dalla formazione ‘Se acabò la fiesta’ (La festa è finita), guidata dall’attivista ultrà Alvise Perez, fustigatore della corruzione politica, che al suo esordio potrebbe ottenere
1 o 2 eurodeputati.

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