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Europee: da Giorgia a Elly e gli altri, sulla scheda impazza il nome e pure l’alias mania

Spunta il “Pavone” di Alessandro Cecchi Paone, il siciliano Tamajo diventa Di Maio e poi c’è Giammusso “detto Massi detto Musso”.

Roma – Giorgia. Ma anche Elly. E, perché no, persino Ultimo. La legge italiana non ha restrizioni particolari sull’uso dei nomi, soprannomi e alias nelle liste elettorali. Un principio o “moda” non nuovi alla politica. Per citare colei che ha riportato all’attenzione generale una prassi che esiste da tempo immemore, “c’è la possibilità per l’elettore di mettere il nome per esteso o semplificarlo quando è chiarito in fase di presentazione della candidatura come è sostituibile”. Parola di Giorgia Meloni, che a Pescara, domenica scorsa, annunciando la sua “discesa in campo” in prima persona alle europee di giugno chiede “agli italiani di scrivere il mio nome, ma il mio nome di battesimo”. Un bel Giorgia sulla scheda e via.

In generale comunque, sulle questioni di attribuzione in fase di spoglio, vige il principio del cosiddetto favor voti, o della conservazione del voto, quello in base al quale, nel giudicare la preferenza espressa in una scheda elettorale, bisogna sempre cercare di privilegiare la volontà dell’elettore, quando non ci sono motivi per metterla in dubbio. “Meloni? Sotto il nome niente”, ribatte meno di 24 ore dopo la segretaria del Pd Elly Schlein. Si potrà votare alle europee anche per lei scrivendo solo ‘Elly’? “Questo sì, certo – la sua riposta alla domanda diretta – Elly è un soprannome, perché porto i nomi delle mie due nonne, c’è sulla scheda. Ma io ho sempre fatto campagne elettorali con il cognome, perché non ero molto conosciuta e c’era sempre il problema dell’interpretazione”.

Elly e Giorgia

E su vota Giorgia c’è il guizzo ironico del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. “In genere era Leonardo che si chiamava solo con il nome. Siamo in una fase di grande creatività della vita politica nazionale”. Ma la scelta della leader di FdI (e l’opportunità per quella dell’opposizione) ha però precedenti illustri e meno illustri che affondano le radici nella storia del voto della Repubblica italiana. Quello forse più noto è legato a Marco Pannella, Marco, appunto, nella scheda da imbucare nell’urna, non Giacinto, come voleva l’anagrafe, come era puntualmente indicato per esteso nelle liste elettorali presentate dai Radicali.

C’è anche chi, come Jas Gawronski, eletto europarlamentare e senatore dal 1979 al 2009, non ebbe modo di sfruttare questa possibilità non essendo ‘detto’ in altro modo che con il suo nome e cognome, pur sapendo che, come egli stesso ammise, persino il suo amico Gianni Agnelli avrebbe avuto problemi a segnare la preferenza sulla scheda con un cognome viennese di tal fatta. E se la prassi del nome, già sdoganata, è “certificata” ora dalla prima donna della politica, la premier, impazzano alle europee anche i soprannomi, il “detto”. Ed è subito alias mania.

Nelle liste di tutte le circoscrizioni e di tutti i partiti – nessuno davvero fa eccezione – i candidati con almeno un alias, un nome o soprannome alternativo che gli elettori possono scrivere sulla scheda, sono almeno cinquanta. In alcuni casi diventa quasi uno scioglilingua. Si va da Massimiliano Giammusso “detto Massi detto Musso” a Giuliana Fiertler “detta Firtler, detta Filter”. Il record è del siciliano Tamajo (“detto Tamaio, detto Di Maio, detto Edy, detto Edi e detto Eddy”). Edmondo Tamajo, che tra i suoi alias ha pure Di Maio. Lui è di Mondello e da un pò se la deve vedere con le insidie dell’assonanza. Lo fermano per la strada, che di faccia lo conoscono bene, e gli dicono: onorevole Di Maio, come sta? E come se non bastasse non sono mancate schede, alle elezioni regionali siciliane, dove accanto al simbolo di Forza Italia c’era la preferenza data proprio a Di Maio.

Edmondo Tamajo alias Di Maio

Spunta pure il “Pavone”. Ma chi è? Alessandro Cecchi Paone: è detto Cecchi e pure Pavone, spiega lui stesso. “Tanti pensano che io sia parente di Rita Pavone“, sì, quella del ballo del mattone. Per alcuni è questione di sopravvivenza, di fronte alle insidie dello spelling, come Muharem Saljihu, detto Marco, o Suad Omar Sheik Esahaq detta Su. Cuno Jakob Tarfusser, il procuratore che ha dato slancio alla riapertura del processo a Olindo e Rosa, è detto Cuno. Alessandrina Lonardo Mastella semplifica in Sandra Mastella. Da sempre. Domenico Lucano punta su Mimmo. Fulvio Martusciello, che magari un pò si ispira, è detto Fulvio. E poi Gerardo Stefanelli, che è detto Stefano. Raffaella Paita è detta Lella e Catarina Avanza è detta Caterina detta Cate.

Insomma ce n’è per tutti i gusti e tutte le pronunce. L’uso dell’alias, per così dire, è ben noto poi in quel di Milano, dove Giuseppe Sala è da sempre ‘detto’ Beppe. E a volte è anche foriero di polemiche, come accadde non molto tempo fa, nel 2021, quando il leader di Azione, Carlo Calenda, ebbe singolar tenzone con la scrittrice Michela Murgia per colpa di tal Cecilia Frielingsdorf, il cui cognome venne tolto anche dai volantini per evitare contestazioni da storpiature in fase di spoglio delle schede, invalidando il voto; una cancellazione che per la scrittrice era una grave lesione delle pari opportunità, annullando una identità femminile.

Raffaella Paita detta Lella

In un tempo ancora più vicino, alle regionali 2024 in Sardegna, tenne banco il caso di Anita Sirigu, 20 anni, ultima nella lista congiunta di Azione e +Europa nella circoscrizione di Cagliari, indicata come ‘Anita Sirigu nota Soru’. Però Soru era il cognome di un’altra candidata nella circoscrizione di Cagliari, Camilla, sostenuta dal Pd e figlia di Renato Soru, noto imprenditore ed ex presidente della Sardegna dal 2004 al 2009, che a queste elezioni era candidato presidente sostenuto tra gli altri proprio da Azione e +Europa. Finì che Sirigu annunciò di volersi ritirare essendo ‘Soru’ a sua insaputa.

Ma qualche volta l’alias è più noto del nome vero e dunque è necessario. È il caso di Jarbas Faustino, candidato del Partito Repubblicano alle Comunali del 2011 a Napoli, 91 voti nonostante fosse Canè, amatissimo giocatore di serie A e come tale indicato nelle liste. Sempre restando a voti in Campania e in ambito calcistico, c’è anche il caso di Giovanni Luigi D’Avanzo, detto Ronaldo, in lizza nelle regionali del 2020 per Campania libera nella circoscrizione Avellino, chiamato così proprio per la somiglianza con l’ex giocatore dell’Inter. Nelle liste depositate nella circoscrizione Sud per la lista Libertà che fa capo a Cateno De Luca, Sergio De Caprio, detto Capitano Ultimo, detto Capitano, detto Ultimo, dunque molti modi per non far sbagliare i suoi elettori.

Sergio De Caprio, detto Capitano Ultimo, detto Capitano, detto Ultimo

Certo, l’uso del soprannome è molto frequente soprattutto nelle comunali, specie nei piccoli centri, dove si va da ‘detto Nerone’, di un candidato a sindaco di Roma nel 2021 per il Movimento storico romano, al secolo Sergio Iacomoni, che nel simbolo di lista aveva pure inserito la testa dell’imperatore passato alla storia come piromane e crudele; a Massimo Ranucci, detto Stromberg, a Viterbo sempre nello stesso anno; e persino a Laura D’Incalci, candidata pure nel 2021, ma a Como, detta pure Dincalci, per mettersi al sicuro da sviste ortografiche.

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