Il parlamentare di Avs sollecita un intervento della Farnesina. Il fratello dell’italiano detenuto: “Tajani lo faccia rientrare in Italia”.
Roma – E’ di ieri la notizia della conferma della condanna a 25 anni di carcere per Luigi Giacomo Passeri, il 32enne pescarese arrestato in Egitto un anno fa per possesso di droga. Secondo la versione dei familiari, Luigi era in possesso di piccole dosi di stupefacenti. Qualche mese fa il vicecapogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera, Marco Grimaldi, aveva sollecitato un intervento del governo e presentato una interrogazione parlamentare, denunciando che Passeri sarebbe stato torturato in carcere. Oggi Grimaldi torna a chiedere un intervento dell’esecutivo.
“Con la conferma in appello della condanna a 25 anni per Luigi Giacomo Passeri, i peggiori incubi si sono avverati. Con la famiglia, siamo preoccupati e indignati. Da cinque mesi – sottolinea il parlamentare di Avs – non si sa nulla delle condizioni di Luigi. Le circostanze del suo arresto restano tutt’altro che chiare, benché, fin dall’inizio, il ministro Tajani abbia dato credito alle tesi dell’accusa. Non vogliamo pensare che Luigi sia stato abbandonato dal Governo italiano. Ma gli ultimi, gravissimi fatti relativi alla liberazione del torturatore libico Almasri, ci fanno temere più di prima che per, questo esecutivo, molto più del diritto internazionale e dei diritti inviolabili delle persone, contino gli equilibri geopolitici e le relazioni di interesse con partner che favoriscono la nostra corsa al gas e il contenimento dei flussi migratori, dalla Libia all’Egitto alla Tunisia”.
“Ci aspettiamo un segnale dalla Farnesina, a quattro giorni dalle commemorazioni di Giulio Regeni, non possiamo accettare che un ragazzo marcisca nelle carceri egiziane”, conclude Grimaldi che aveva parlato di un nuovo caso Regeni nel presentare l’interrogazione parlamentare. “Non vogliamo neppure altri casi Salis – aveva detto – . Nessun accordo energetico può giustificare forme di indolenza. L’ambasciata italiana in Egitto deve garantire assistenza e supporto e muoversi perché si svolga un equo e giusto processo in tempi celeri“. Nei mesi scorsi la famiglia del giovane pescarese aveva lanciato l’allarme sulle condizioni del 32enne, il quale aveva anche iniziato uno sciopero della fame per protestare sul trattamento ricevuto e per le lungaggini processuali.
In un’intervista La Stampa Antonio Marco Passeri, fratello di Luigi Giacomo Passeri, sollecita “il ministro Tajani a far rientrare in Italia Giacomo. La Farnesina non ha mai voluto riceverci e ora ci ritroviamo con la conferma
in appello dei 25 anni di cella”. “Purtroppo non c’è stato uno sconto di pena. E sinceramente ci sentiamo un po’ abbandonati”, afferma Passeri. “Non solo non siamo mai stati convocati alla Farnesina, ma il ministro Tajani non ha mai chiesto scusa per quella sua dichiarazione sui 40 ovuli di cocaina ingoiati da mio fratello. Una circostanza non vera. Mio fratello consumava droga, è vero, ma non la spacciava”, sottolinea il fratello del pizzaiolo condannato. Se ha firmato una confessione, assicura Passeri, “lo ha fatto perché aveva paura di morire. E non aveva capito che secondo la polizia dentro quel frigo c’era una grossa quantità di sostanze
stupefacenti. Pensava si riferisse solo a quella che usava lui. Io non volevo che lui si ‘sballasse’, glielo avevo detto più volte. Ma questo non significa che sia uno spacciatore”.
La ragione per cui non c’è un’assistenza forte da parte della Farnesina, per Passeri, è un’altra: “Mio fratello, come me, è mulatto. E contro di noi c’è una sorta di razzismo”. Dopo l’arresto, i due fratelli non si sono mai parlati: “Neppure una telefonata. Le uniche sue notizie me le manda con lettere che consegna a qualche parente degli altri detenuti che poi me le inviano via WhatsApp”. La famiglia non è nemmeno mai andata in Egitto: “È stato lui a sconsigliarcelo. ‘Se venite qui rischiate di fare la mia fine’ ci ha scritto. E in effetti noi abbiamo paura. L’ambasciata ci ha garantito la massima protezione, ma io non me la sento”.