Due anni dalla strage di Fidene, tra richiesta ergastolo per Campiti e ricordi nel quartiere

La Procura ha chiesto il carcere a vita con isolamento diurno di 2 anni e 6 mesi. L’11 dicembre 2022 il sangue alla riunione di condominio.

Roma – La Procura capitolina a due anni esatti dai fatti ha chiesto la condanna all’ergastolo (isolamento diurno di due anni e sei mesi) per Claudio Campiti, l’uomo che uccise quattro donne a Fidene, quartiere nella periferia nord-est di Roma, l’11 dicembre 2022 nel corso di una riunione di condominio. Due anni esatti. I rappresentanti dell’accusa hanno, inoltre, sollecitato una condanna a 4 anni e 1 mese per il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma all’epoca dei fatti e a 2 anni un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto struttura da cui l’imputato si allontanò con l’arma utilizzata per la strage. Vennero uccise Sabina Sperandio di 71 anni, Nicoletta Golisano di 55 anni, Elisabetta Silenzi di 50 anni e Fabiana De Angelis di 57 anni, che morì dopo 48 ore in ospedale.

Nel corso della requisitoria i pm Giovanni Musarò e Alessandro Lia, hanno ricostruito cosa avvenne in quel drammatica domenica. “Campiti entra in quel gazebo per uccidere, nell’arco di cinque secondi uccide quattro persone. Entra – hanno affermato – e senza esitazione esplode il primo colpo, si rende conto di un problema di caricamento e riesce subito a scarrellare e a ricaricare il colpo in canna, tornando così a sparare e a uccidere. È lì che, quello che noi definiamo un eroe civile, Silvio Paganini coglie l’attimo in cui Campiti si gira e si butta su di lui. Campiti si era abbigliato da combattente, aveva ancora oltre 170 proiettili e avrebbe potuto fare una strage ancora maggiore”.

Parlando di cosa avvenne prima, con il killer che esce dal tiro a segno con l’arma, i rappresentanti dell’accusa hanno aggiunto che “quanto successo non era imprevedibile, eventi analoghi erano già accaduti senza che fossero prese precauzioni”. E ancora: “c’è un’area di demanio con il più grande tiro a segno nazionale in cui vigeva una specie di far west, con totale assenza di cautele. Come è possibile che Campiti sia uscito dal poligono con la pistola e sia andato via indisturbato, senza passare mai per la linea di tiro? Innanzitutto – aggiungono i sostituti procuratori – per lo stato dei luoghi: l’armeria dista 247 metri dalla linea di tiro e si deve necessariamente passare dal parcheggio, nel percorso si costeggia il bar e i bagni, una zona di fatto pubblica, il bar era sostanzialmente aperto a tutti e non c’era alcun tipo di controllo al parcheggio”.

Per i magistrati “Campiti non ha approfittato di un momento di distrazione di qualcuno ma di un regolamento interno al poligono che veniva applicato in quel modo da 30 anni”. Questa mattina, a distanza di due anni dalla strage nel quartiere c’è il ricordo per le vittime di quell’11 dicembre. Valerio Casini e Francesca Leoncini, consiglieri capitolini di Italia Viva, e Marta Marziali, consigliera Iv del III Municipio fanno sapere che parteciperanno alla cerimonia commemorativa in ricordo delle quattro donne vittime della sparatoria di Colle Salario. “Un episodio drammatico che non potremo mai dimenticare e che sconvolse l’intera città, – dicono – colpendo in particolare in modo molto duro la comunità del Terzo Municipio. In attesa che la giustizia compia il suo iter con l’accertamento in via definitiva delle responsabilità, esprimiamo ancora una volta la nostra vicinanza ai familiari e agli amici delle persone che hanno perso la vita in quella terribile circostanza”.

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