Donna morta dopo 8 giorni in barella a Palermo, il Cimo: “Non è caso isolato”

Interviene il segretario siciliano Bonsignore: “Non è l’eccezionalità, la stessa situazione nei vari pronto soccorso della Sicilia”.

Palermo – Il segretario della Cimo – Confederazione italiana medici ospedalieri – Sicilia, Giuseppe Bonsignore, interviene sul caso della donna morta all’Ospedale Ingrassia dopo aver trascorso 8 giorni in barella al Pronto soccorso. “A prescindere dalle cause di morte, ancora da accertare, e dalle condizioni di salute precedenti della paziente, – afferma – è ovviamente un fatto triste e increscioso, ma non è un caso isolato. Non rappresenta l’eccezionalità, bensì quasi sempre la regola, perché se andiamo in giro per i vari pronto soccorso della Sicilia, troveremo la stessa identica situazione: una lunga fila di barelle in attesa di un posto letto che non c’è e pazienti e familiari dei pazienti giustamente avviliti che sbraitano ingiustamente contro medici e infermieri che non sanno a che santo votarsi, affannati alla continua ricerca di un posto letto libero”.

Bonsignore attraverso le parole riportate da Adnkronos, ricorda come la figlia della paziente “ha denunciato l’accaduto in cerca di una giustizia postuma che tuttavia non le restituirà l’affetto perduto e, purtroppo, – aggiunge – non servirà nemmeno ad evitare il ripetersi di situazioni analoghe. Sono state disposte anche delle ispezioni da parte dell’assessorato regionale della Salute per fare luce su quanto accaduto e l’assessora Giovanna Volo ha dichiarato che ‘fatti come questo addolorano e allarmano’. Che la morte di un paziente addolori chiunque dotato di un briciolo di umanità è vero, ma che sia il fatto in se stesso ad allarmare le istituzioni sanitarie è poco credibile perché i campanelli di allarme sono da tempo sotto gli occhi di tutti e non si può far finta di niente per tutto l’anno per poi svegliarsi improvvisamente a Natale quando viene fuori la notizia scabrosa”.

Alla fine, “gogna mediatica a parte, – prosegue il segretario della Cimo – i medici coinvolti, anche se tardivamente e a costi altissimi, non saranno riconosciuti colpevoli di alcunché e la vicenda sarà un
ricordo sbiadito dal tempo, mentre la politica tornerà alla sua occupazione preferita: utilizzare la sanità in chiave elettorale e spartirsi poltrone senza pensare a risolvere i problemi veri che si ripercuotono inevitabilmente sulla salute dei cittadini”.

“Alla figlia della povera paziente – conclude Bonsignore – vogliamo dire che è ingiusto sentirsi in colpa per avere portato la propria madre all’Ospedale Ingrassia e che sbaglia quando afferma che non andrà più in quell’ospedale. Sbaglia, in buona fede, perché non sa che quanto accaduto all’Ingrassia poteva succedere in qualsiasi altro ospedale di Palermo e provincia, perché non dipende dalla professionalità del medico di turno né dalla sua volontà di ricoverare una paziente bisognosa, ma perché non ha proprio la possibilità di reperire un posto letto libero in uno dei reparti del proprio ospedale”.

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