Delitto di via Poma, una collega di Simonetta potrebbe aver visto il killer

Nel foglio presenze dell’ufficio dove la ragazza romana fu assassinata, il giorno dell’omicidio manca la firma in uscita di Giusy Faustini. Aveva fretta di lasciare l’appartamento?

Roma – All’ultimo miglio di una corsa per ora rivelatasi vana, partita nella Capitale il 7 agosto 1990 con l’omicidio di Simonetta Cesaroni nell’ufficio di via Poma, quando si avvicina una nuova archiviazione, una firma mancante potrebbe aprire nuovi scenari nell’inchiesta su uno dei più efferati cold case italiani. Nel foglio delle presenze dell’ufficio dove Simonetta fu assassinata con 29 colpi di arma da taglio, manca infatti una firma. In quel documento, che i dipendenti compilavano quotidianamente segnando l’ingresso e l’uscita dal lavoro, è assente quella di Giuseppina Faustini, detta Giusy. La donna aveva segnato l’orario di ingresso la mattina, ma non quello di uscita.

Questa mancanza ha sollevato sospetti, anche tra alcuni investigatori dell’epoca. Si ipotizza che Faustini, uscendo o mentre si trovava ancora in ufficio, possa aver visto qualcosa di cruciale per le indagini, come l’assassino o altri dettagli importanti che potrebbero aiutare a risolvere il caso. Faustini lavorava nello stesso ufficio dell’Ostello della Gioventù dove Simonetta era impiegata come segretaria contabile. Le sue dichiarazioni del tempo sono state considerate contraddittorie, poiché affermava di non aver mai avuto un contatto diretto con la vittima, se non superficialmente.

Il quotidiano la Repubblica, che pubblica il documento originale con la firma mancante, ha riportato che all’inizio degli anni 2000, il pm Roberto Cavallone, all’epoca titolare delle indagini, condivise questi dubbi. Cavallone aveva rilevato che Giuseppina Faustini non aveva firmato il registro di uscita al termine dell’orario di lavoro (14:15) il giorno del delitto. Questo fatto, secondo il pm, suggeriva che Faustini fosse rimasta in ufficio per un recupero pomeridiano e che potesse aver visto l’assassino di Simonetta Cesaroni. La fretta di lasciare l’appartamento avrebbe potuto spiegare la mancata firma.

I fogli delle presenze, conservati da un’altra dipendente, Luigina Berrettini, potrebbero ora essere acquisiti agli atti dell’inchiesta, che si avvia verso l’archiviazione con una decisione attesa per il 19 novembre. Il fidanzato di Simonetta, Raniero Busco, condannato in primo grado a 24 anni di reclusione nel 2011, è stato assolto in appello, con conferma dell’assoluzione dalla Cassazione nel 2014. Le ultime ipotesi investigative, destinate anch’esse all’archiviazione, riguardavano il figlio del portiere dell’edificio, Mario Vanacore, che sarebbe stato coperto dal padre, morto suicida nel 2010.

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