Nell’ufficio dove Simonetta Cesaroni è stata uccisa c’erano carte top secret? Indagini depistate? Saranno sentiti l’ex prefetto di Roma Carmine Belfiore e l’ex agente dell’intelligence italiana Sergio Costa.
Roma – L’inchiesta sulla morte di Simonetta Cesaroni, la giovane uccisa 34 anni fa a Roma nell’ufficio di via Poma dove lavorava come contabile part-time, non sarà archiviata. E come spesso accade ai misteri italiani, che proprio per questo tali rimangono, anche su questo cold case si allunga l’ombra lunga dei Servizi segreti.
Ne è convinta la gip Giulia Arcieri, che nel decreto di rigetto della richiesta di archiviazione giunta dalla Procura non solo dispone invece ulteriori indagini, ma avanza un’ipotesi inquietante: negli uffici dell’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù (Aiag), dove la giovane prestava servizio quel maledetto pomeriggio del 7 agosto 1990, potrebbero esserci stati documenti riservati appartenenti ai Servizi segreti. Queste carte, sempre secondo la giudice, potrebbero intrecciarsi con importanti vicende italiane, alimentando il sospetto che i Servizi abbiano influenzato le indagini precedenti sull’omicidio Cesaroni.
In uno scenario dai contorni oscuri, la Gip sollecita un approfondimento anche sul celebre furto nel caveau della cittadella giudiziaria del 1999, attribuito a Massimo Carminati. Come riportato da La Repubblica, tra le persone che i magistrati dovranno interrogare figurano Carmine Belfiore, ex questore di Roma, e Sergio Costa, ex agente dei servizi segreti e genero di Vincenzo Parisi, all’epoca capo della polizia. Nel decreto viene analizzato anche il ruolo di Caracciolo Di Sarno, oggi deceduto, che all’epoca era presidente dell’Aiag e, secondo la gip, avrebbe potuto conoscere il contenuto di quei documenti.
Tra le questioni sollevate da Arcieri, emerge la necessità di chiarire se il condominio in cui avvenne l’omicidio ospitasse appartamenti utilizzati dai Servizi segreti e quali fossero i legami tra l’Aiag e gli 007. La gip sottolinea inoltre la coincidenza del fatto che il proprietario dell’appartamento, Manlio Indaco Giammona, risiedesse in un palazzo con proprietà legate al Sisde, attraverso la società di copertura Servo Immobiliare, poi sequestrata nell’ambito dell’inchiesta sui fondi neri dei servizi segreti. Anche la figura di Pietrino Vanacore, portiere dello stabile, torna sotto i riflettori. Pur essendo morto suicida nel 2010, rimangono molti dubbi sul suo ruolo e la gip insiste affinché vengano approfonditi.
Paola Cesaroni, sorella di Simonetta, affiancata dall’avvocata Federica Mondani, ha espresso la sua emozione per l’ordinanza della gip Arcieri: “Questo decreto mi ha profondamente commossa. Sento che finalmente qualcosa cambierà. Il pm Lia ha già dimostrato di non essere legato al passato e sta agendo con coraggio. Ora serve determinazione per andare fino in fondo, senza timori verso poteri occulti. L’omertà e le bugie hanno deviato le indagini per anni. Da Simonetta a Giulia Cecchettin, questi casi non devono più verificarsi. Ogni volta che una donna viene uccisa, lo Stato subisce una sconfitta”.