Non finiscono le atroci storie seguite al naufragio di Cutro. Questa riguarda un ragazzo che ha tenuto abbracciato il fratellino di 6 anni anche dopo la sua morte, avvenuta dopo un’ora in acqua per ipotermia, trattenendolo a sé altre 2 ore, fino a quando sono stati recuperati dalla Guardia costiera.
Catanzaro – È lo stesso Almolki Assad a testimoniarlo, un cittadino siriano superstite del naufragio del barcone di migranti del 26 febbraio a Steccato di Cutro. Il giovane è stato sentito stamani dal gip del Tribunale dei minorenni del capoluogo calabrese nel corso dell’incidente probatorio nell’inchiesta sul presunto scafista 17enne.
“Ho preso mio fratello e ci siamo buttati a mare. Eravamo tutti nel panico. Sono rimasto tre ore in acqua, sin dalle 4. Il bimbo è morto dopo un’ora. È rimasto sempre nelle mie braccia. Non l’ho lasciato andare dopo che è morto” ha raccontato Almolki.
Il giovane ha riferito di essere stato soccorso in mare dalla Guardia costiera. È riuscito a salvarsi insieme allo zio.
“Ci siamo fatti sentire e ci hanno recuperati. Ci siamo salvati grazie a un pezzo di legno, altrimenti eravamo tutti morti. Sono svenuto sulla barca della Guardia costiera, sono stato condotto in porto e da lì mi hanno portato in ospedale. I soldi gli organizzatori li hanno presi nonostante il naufragio, anche quelli di mio fratello. Pensate a questa tragedia come se fosse vostra. Gli organizzatori del viaggio hanno ammazzato mio fratello e io di sicuro non scorderò nulla” ha spiegato il ragazzo.
Prima del ragazzo siriano è stata raccolta un’altra testimonianza, quella di una donna somala:
“La barca andava veloce, poi c’è stato un urto. Mi sono aggrappata ad un pezzo della barca e quando sono arrivata a terra c’era un soldato italiano che mi ha salvata. Sono stata in acqua circa un’ora perché le onde mi riportavano indietro. Eravamo in tre amici. Un’altra donna è dispersa, l’uomo l’ho trovato a terra. Gli scafisti non hanno aiutato nessuno di noi a salvarsi” ha raccontato la donna.