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Consulta, elezione giudice a alta tensione: le strategie di maggioranza e opposizione

La maggioranza parte da 355 voti ‘sicuri’ ma il quorum a 363. Tra i nomi circolano quelli di Francesco Saverio Marini e Carlo Deodato.

Roma – Centrodestra mobilitato, in particolare Fratelli d’Italia, per l’elezione del giudice costituzionale chiamato a sostituire Silvana Sciarra, cessata dal mandato a novembre dello scorso anno. Una elezione ad alta tensione. Tanto che in Fdi il nome trapelato con la minaccia di “talpe” nelle chat del partito ha provocato un terremoto. L’appuntamento per l’ottavo scrutinio è fissato per domani alle 12.30, con la convocazione del Parlamento in seduta comune, e già da venerdì mattina a deputati e senatori di Fdi è stato ricordato con un messaggio che “devono essere tassativamente presenti” in Aula.

C’è riserbo sul nome sul quale si intenderebbe puntare per la Consulta, anche se in questi mesi si è più volte parlato di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e nelle ultime settimane anche di Carlo Deodato, segretario generale di Palazzo Chigi. Parole che fanno pensare ad un’accelerazione e quindi alla volontà di arrivare a una fumata bianca senza attendere la fine dell’anno, quando anche l’attuale presidente della Corte, Augusto Barbera, e i giudici Franco Modugno e Giulio Prosperetti termineranno il loro mandato, con la possibilità quindi di ricercare un accordo tra maggioranza e opposizione su un pacchetto più ampio di nomi. Intesa che per ora non si registra sull’unico candidato che la maggioranza intende proporre per l’elezione alla Consulta, lasciando presumere perciò che intenda procedere contando solo sui propri numeri, che al momento sono al limite del quorum necessario per l’elezione, i tre quinti dell’Assemblea, pari a 363 voti.

I rumors ieri parlavano di trattative in corso fra le opposizioni in vista del voto di domani. In base a quanto si apprende, per contrastare quello che la segretaria del Pd Elly Schlein ha definito “blitz”, cioè l’elezione con i soli voti del centrodestra, sul tavolo ci sono diverse ipotesi: non entrare in Aula, non partecipare al voto o proporre un nome alternativo a quello del centrodestra. I contatti proseguono anche oggi. Fdi, Lega e Forza Italia e Noi Moderati sommano 355 voti, senza contare i due presidenti delle Camere Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana iscritti ai rispettivi Gruppi ma che solitamente non partecipano allo scrutinio.

Da valutare poi le scelte dei due senatori e dei quattro deputati delle Minoranze linguistiche e se nel segreto dell’urna la maggioranza riuscirà a trovare qualche voto anche tra i 12 parlamentari di Azione e i 14 di Italia viva. Magari facendo leva sulle parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che l’estate scorsa, durante la Cerimonia del Ventaglio, definì “la lunga attesa della Corte costituzionale per il suo quindicesimo giudice, un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento”, che invitò “con garbo ma con determinazione, a eleggere subito questo giudice”.

L’interno della Corte Costituzionale

Costituzione alla mano, è previsto che i cinque giudici spettanti al Parlamento siano eletti con voto segreto con la maggioranza dei due terzi di deputati e senatori, riuniti in seduta comune. Questa soglia corrisponde oggi a 403 parlamentari sul totale dei 605 tra deputati e senatori, ma se per tre volte il Parlamento non riesce a eleggere nessun giudice la soglia scende a tre quinti. Cioè al numero magico di 363 parlamentari. Che, guarda caso, corrisponde all’attuale maggioranza di centrodestra. Con i recenti approdi nel centrodestra dalle truppe di M5S (Giorgio Lovecchio, verso Fi) e di Azione (verso Fi Enrico Costa e al Misto Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Giusy Versace, ma con uno sguardo a Noi moderati) il centrodestra può contare su 363 parlamentari, a cui domani potrebbero aggiungersi altri voti dalle Autonomie.

L’occasione, insomma, è troppo ghiotta, dopo che già per sette volte, da ultimo il 24 settembre scorso, l’elezione del giudice mancante è terminata con un nulla di fatto.

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