L’indagine riguarda un’articolazione territoriale del clan Laudani di Catania. Documentato il riassetto dei vertici e l’attuale organigramma dell’organizzazione mafiosa.
Catania – Gli agenti della squadra mobile di Catania e del commissariato di Adrano, su delega della Dda di Catania e con il coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine, hanno eseguito 20 arresti. I destinatari della misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catania sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e porto e detenzione illecita di armi da sparo, reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione.
L’indagine, che riguarda il clan Scalisi di Adrano articolazione territoriale della famiglia Laudani di Catania, ha documentato il riassetto dei vertici e l’attuale organigramma dell’organizzazione mafiosa. Sono state inoltre accertate numerose estorsioni ai danni di commercianti ed imprenditori adraniti costretti a pagare mensilmente somme di denaro agli esattori dell’organizzazione mafiosa.
Le indagini avviate nel luglio 2021, coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Assunta Musella e Fabio Saponara, dal sono state eseguite dalla squadra mobile della Questura di Catania e dal commissariato di polizia di Adrano.
Secondo l’accusa, dopo la sua scarcerazione, avvenuta il 29 luglio del 2022, il componente storico e di rango apicale del clan Scali, Alfio Di Primo, 57 anni, detenuto che mafia e omicidi, «si sarebbe immediatamente posto ai vertici dell’associazione, divenendone il reggente».
Di Primo è il cognato di Giuseppe Scarvaglieri, detenuto in regime di 41bis e ritenuto il capo indiscusso della cosca Scalisi, frangia del clan Laudani operativa ad Adrano. Con l’inchiesta la Dda della Procura di Catania ritiene di avere «ricostruito l’attuale organigramma del clan Scalisi e numerose estorsioni, con l’imposizione del pizzo a commercianti ed imprenditori adraniti sistematicamente costretti a pagare mensilmente somme di denaro agli esattori dell’organizzazione mafiosa».
Dalle indagini sono emersi anche «diversi episodi di danneggiamento ed intimidazione nei confronti dei commercianti che non avevano aderito al racket delle tangenti». Inoltre, contesta la Dda etnea, «le casse dell’associazione mafiosa sarebbero state costantemente rimpinguate dai proventi di un esteso traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana gestito dai membri dell’organizzazione che, in tale ambito criminale, hanno approfittato di una fase di debolezza operativa dell’altra organizzazione mafiosa adranita rivale, quella dei Santangelo, negli anni colpita da numerosi arresti».
Le indagini, secondo la Procura di Catania, hanno ribadito la conclamata pericolosità dei membri del clan Scalisi che si sarebbero dotati di armi da sparo al fine di presidiare il loro territorio e preservare i loro affari criminali da eventuali ingerenze da parte di gruppi mafiosi rivali, assicurandosi in tal modo l’apporto militare necessario a sostenere il confronto con gli altri gruppi mafiosi.
In questo quadro si inserirebbe una possibile fibrillazione tra clan rivali emersa nell’agosto del 2022 nel corso delle indagini della polizia, quando è stato arrestato un presunto affiliato al clan Scalisi, Dario Sangricoli, perché trovato in possesso di un fucile a canne mozzate, oltre a 76 grammi di cocaina.
I nomi
Questi i nomi degli arrestati:
Alfio Di Primo ( classe 1967)
Emanuel Bua ( classe 1990)
Pietro Castro (classe 1997)
Vincenzo Castro (classe 2002)
Emanuele Centamore (classe 2001)
Francesco Pio Di Giovanni (classe 2004)
Antonino Garofalo (classe 1968)
Alfio Lo Curlo (classe1992)
Claudio Maccarrone (classe 2002)
Pietro Maccarrone (classe 2003)
Concetto Cristian Nicolosi (classe 2003)
Salvatore Palermo (classe 1987)
Vincenzo Restivo (classe 1999)
Dario Sangrigoli (classe 2000)
Giuseppe Santangelo (classe 2002)
Salvatore Scafidi (classe 1997)
Alfio Scalisi (classe 2002)
Andrea Stissi (classe1997)
Marcello Stissi ( classe 1973)
Massimiliano Vinciguerra (classe 1975)