Il buio dietro il mare cristallino: i militari smascherano una presunta rete di traffico di cocaina sull’isola di Lampedusa. L’operazione Zefiro inchioda 11 persone.
Lampedusa – Con 150 chili di cocaina recuperati in mare da un peschereccio con le reti a strascico, ancora confezionate in panetti, i pescatori si sono rivolti ad alcuni pregiudicati dell’isola. I carabinieri del comando provinciale di Agrigento, all’alba di oggi, hanno eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla procura della Repubblica di Agrigento, nei confronti di 11 persone, con contestuale esecuzione di perquisizioni.
All’alba di oggi, personale del Reparto Operativo e del Comando provinciale dei carabinieri di Agrigento ha eseguito, su disposizione di questa procura della Repubblica che ha coordinato le investigazioni, 11 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto emessi dal pubblico ministero, dei quali 10 in carcere ed uno ai domiciliari, a carico di altrettanti soggetti ritenuti responsabili di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti in concorso. La richiesta di convalida dei fermi e la conseguente richiesta di applicazione delle misure cautelari personali, verranno trasmessi al G.I.P. presso il tribunale di Agrigento per l’eventuale convalida.
Le indagini giudiziarie, portate avanti da quest’ufficio e dal personale del Reparto operativo dei carabinieri di Agrigento, hanno consentito di accertare come sull’isola di Lampedusa, all’inizio del mese di giugno 2022, fosse presente un ingentissimo quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina, per un peso complessivo ricompreso tra i 150 ed i 200 kg. Tale importante quantitativo di droga era stato rinvenuto nel tratto di mare circostante l’isola di Lampedusa da un’imbarcazione di pescatori, a bordo della quale si trovava De Battista Salvatore (già indagato nella precedente Operazione di Polizia “Levante” del febbraio scorso e, ancora, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari).
Ciò emergeva dalle attività d’intercettazioni e dalle concordi dichiarazioni rese da Blandina Ignazio Umberto, successivamente al suo arresto in flagranza di reato del 08.07.2022 per detenzione di circa 25 kg di coca (il più grosso sequestro di cocaina mai realizzato nell’isola di Lampedusa). Blandina Ignazio Umberto è stato condannato in abbreviato, dal G.I.P. di Agrigento, alla pena di anni 4 e mesi 4 di reclusione, oltre a 18.000 euro di multa, pena ridotta anche grazie alla sua attività di collaborazione con gli inquirenti (sentenza non definitiva). Le ulteriori attività investigative consentivano di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in capo ai soggetti che avevano avuto un ruolo attivo nel ritrovamento, occultamento e successivo spaccio dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente ai vari soggetti operanti nelle piazze di spaccio di Lampedusa, di Favara e di Catania. Inoltre, si riusciva ad individuare uno dei canali di pagamento delle partite di droga, consistito in ricariche di “conti gioco” utilizzati per effettuare le scommesse on-line, ricariche eseguite da alcuni degli acquirenti delle partite di cocaina.
Nello specifico, ad oggi, sono stati raccolti gravi indizi in capo ai seguenti indagati:
– Di Maggio Antonino, Sarr Sana, Sarr Waly, Ibrahima Mhaye. Ritenuti responsabili dell’occultamento, detenzione e cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina per un quantitativo complessivo di 57 kg, suddivisa in 57 panetti da 1 kg ciascuno;
– Blandina Giovanni e Blandina Jacopo (rispettivamente padre e figlio di Blandina Ignazio Umberto), ritenuti responsabili della gestione e dello spaccio della sostanza stupefacente precedentemente occultata dal proprio familiare prima del suo arresto;
– Lo Verde Vincenzo, Lo Doudou Gningue, Barbera Vincenzo, Sparma Tony e Minio Nicola, ritenuti responsabili, in concorso, di detenzione e spaccio di cocaina. I soggetti sottoposti a fermo di indiziato di delitto sono stati tradotti presso le case circondariali di Agrigento, Caltanissetta e Palermo, ad eccezione di Blandina Giovanni che, a causa della sua età avanzata, è stato posto ai domiciliari. Si precisa che le indagini giudiziarie non sono ancora concluse e che le condotte di reato contestate agli indagati non sono definitivamente accertate.