La “cupola del caro estinto” gestiva il camposanto di Cittanova spostando e distruggendo salme per guadagnare sulle nuove tumulazioni.
Reggio Calabria – Tutto è partito dalla denuncia presentata ai carabinieri nel dicembre del 2018 da un cittadino che aveva scoperto all’interno del tumulo di un proprio congiunto una seconda salma inserita abusivamente. Arrivata oggi alle battute finali, l’operazione Aeternum ha permesso ai militari di svelare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla “gestione in esclusiva” degli affari cimiteriali del comune di Cittanova (Reggio Calabria), un racket del caro estinto promosso e gestito dall’ex custode del cimitero, oggi in pensione, e da tre imprenditori locali, amministratori di due imprese di onoranze funebri.
I quattro finiti in manette secondo gli inquirenti hanno per anni proceduto a distruggere o spostare arbitrariamente in altri loculi le salme per far posto a nuove sepolture e mantenere la primazia nel settore delle onoranze funebri. Sempre in base alla ricostruzione dei carabinieri il condizionamento della corretta gestione del cimitero prevedeva anche che i quatto si intascassero le imposte per la tumulazione versate dai cittadini e finite nelle tasche dell’ex custode e non nelle casse pubbliche.
L’intero sistema criminale era favorito da una serie di omessi controlli e falsi in atti pubblici commessi da professionisti. In particolare, le illecite estumulazioni e le manipolazioni delle salme venivano coperte con la predisposizione di documentazioni falsificate, con cui si dava veste legale alle operazioni. Ad essere coinvolti, insospettabili medici legali dell’ASP Reggio Calabria, che, chiamati a vigilare sulle estumulazioni o ad eseguire visite necroscopiche, erano pronti a sottoscriverne i verbali delle operazioni per come veniva loro dettato dagli appartenenti all’associazione.
Alle volte, come ampiamente documentato dagli accertamenti, i verbali erano compilati senza che il medico legale (o altri funzionari previsti) fossero presenti sul luogo. Ciò tuttavia non impediva ai camici bianchi di richiedere il rimborso chilometrico previsto dal servizio sanitario per le visite necroscopiche, in realtà mai effettuate. Per 5 di loro, il GIP di Palmi ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Dalle indagini è emerso inoltre che i principali responsabili della vicenda avevano allungato le mani su alcune cappelle una volta appartenenti a tre confraternite religiose, disciolte nel 2007, grazie al concorso di un parroco il quale avrebbe attestato falsamente di essere proprietario delle cappelle gentilizie, in realtà tornate al patrimonio del comune con lo scioglimento degli enti ecclesiastici.
Gli indagati avevano avviato lavori di ristrutturazione, procedendo alla soppressione di oltre un migliaio di salme, per poter ricavare un diretto guadagno dalla “vendita” dei loculi, pagati anche 3.000 euro dai privati cittadini che, così facendo, aggiravano il regolamento mortuario, accorciando i termini amministrativi e decidendo dove seppellire i propri cari estinti. Quando i carabinieri sono intervenuti hanno sorpreso gli indagati ancora intenti a sgomberare i loculi della terza cappella.
Risultano coinvolti nell’inchiesta anche il comandante facente funzione della polizia municipale di Cittanova, all’epoca dei fatti vice comandante responsabile del servizio di polizia mortuaria, e due vigili, uno ancora in servizio presso il comando locale e un altro nel frattempo diventato funzionario della polizia municipale di un comune del milanese. I tre dipendenti pubblici, assieme all’allora responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, in occasione di un’esumazione straordinaria eseguita nell’anno 2020, a seguito di appalto bandito aggiudicato ad una terza impresa di Cittanova, il cui responsabile risulta anch’esso tra gli indagati, avrebbero assistito senza eccepire alcunché all’intervento degli operai della ditta che, per massimizzare il numero dei loculi liberati e rendere più economici e rapidi i lavori, eseguivano le dissepolture con un uno scavatore, senza alcuna attenzione ai feretri, mischiando materiale di risulta a resti umani per poi risotterrarlo poco distante.
A conclusione delle indagini dei carabinieri, la magistratura ha disposto le misure cautelari in carcere per i quattro promotori dell’associazione, mentre altri 12 indagati sono finiti ai domiciliari. Risultano poi sottoposte a sequestro preventivo le due imprese di onoranze funebri coinvolte, nonché è stato predisposto il sequestro di quella parte del patrimonio degli arrestati frutto delle condotte illecite. Altresì, è stata sequestrata l’area del cimitero di Cittanova interessata dalle estumulazioni illegali. Il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonterebbe a 4 milioni e mezzo di euro. Da ultimo, al vaglio degli inquirenti restano le condotte di ulteriori 58 indagati i quali, a vario titolo, avrebbero avuto una parte attiva nella vicenda.