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“Chico Forti trattato come una star”: a Verona la “rivolta” degli altri detenuti

Permesso premio per andare dalla madre e selfie con il deputato Di Giuseppe: ai reclusi e ai sindacati non vanno giù i suoi “privilegi”.

Verona – Chico Forti è stato trasferito dal carcere americano a quello italiano della città veneta e le cose per lui sembrano parecchio cambiate. Il 65enne tornato nel nostro Paese grazie alla concessione dell’estradizione da parte degli Stati Uniti, deve scontare l’ergastolo per la condanna definitiva subita negli Usa e riconosciuta anche dall’Italia. Ma pare che gli altri detenuti del carcere di Verona lamentino un trattamento di favore nei suoi confronti: “Lo trattano come una star”. Secondo i suoi compagni di prigione, Forti farebbe giri del carcere come se fosse un ispettore ministeriale e si sarebbe anche meravigliato per come si mangia bene grazie al cuoco professionale che gli prepara pranzi e cene.

Eppure qualche giorno fa era trapelata la notizia di un’accoglienza molto calorosa dell’ex imprenditore da parte dei reclusi, con appalusi e cori. Ma oggi l’aria appare diversa. Ai compagni di cella non va giù il selfie con il deputato Andrea di Giuseppe all’interno del penitenziario (comunque scattato in un’area non protetta e con l’autorizzazione della direttrice, ha fatto sapere il parlamentare). Secondo i detenuti inoltre, Chico avrebbe accesso al reparto infermeria, quello con la famosa Playstation che usava Filippo Turetta, il killer di Giulia Cecchettin.

Ma il ministro della Giustizia Carlo Nordio smorza la polemica: Su Chico Forti, sottolinea “non ci sono corsie preferenziali. Le critiche sono il sale della libertà e in una democrazia non mi stupiscono. La situazione è chiarissima, l’accordo con gli americani è stato pieno e leale. Ci sarà un’espiazione della pena secondo le leggi italiane che gli americani conoscono perfettamente e abbiamo ottenuto il grande risultato umano che una persona detenuta possa vedere la madre molto anziana e su questo siamo soddisfatti”.

Il selfie col deputato Di Giuseppe

Sono passati pochi giorni dal suo arrivo e già nel penitenziario veronese c’è aria di rivolta per questo detenuto “eccellente”, prima celebrato dalla premier Giorgia Meloni e ora servito e riverito da tutta la catena di comando dell’istituto di pena. “Venga qua con noi a vedere che inferno è questo“, dicono gli altri carcerati indignati ai loro familiari, che già hanno cominciato a riportare le lamentele all’associazione “Sbarre di zucchero”. E insorgono: “Si auspica che la celere tempistica nel rilascio del permesso divenga un trattamento riservato indiscriminatamente a tutti i detenuti“, scrive in una nota ufficiale il consiglio direttivo, in merito alla concessione fatta a Forti di andare a trovare la madre.

Ma Di Giuseppe replica dicendo che quella foto con Forti “non è stata fatta col mio cellulare perché l’ho consegnato alla polizia penitenziaria, come da regola. Ho chiesto il permesso alla direttrice, mica faccio le foto da solo. E non eravamo in un’area protetta ma nell’area Matricola del carcere, che è una zona assolutamente non protetta”. Parole pronunciate ai microfoni di Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24) dal deputato di Fratelli d’Italia entrato nel ciclone delle polemiche per essersi fatto immortalare abbracciato a Chico Forti in una immagine che lui stesso ha pubblicato sul suo sito ufficiale e sui social.

Chico Forti e Giorgia Meloni

Marco Costantini, segretario di “Sbarre di zucchero”, interviene così: “C’è gente che aspetta da 5 anni per andare a trovare la madre. E a volte c’è chi non riesce ad arrivare nemmeno al cimitero, per salutare il proprio caro deceduto. Perché con lui è tutto così veloce? In un carcere già problematico come Montorio non ci possono essere detenuti di Serie A e altri di serie Z“. Anche i sindacati sono arrabbiati. “Il carcere non è un palcoscenico nel quale star possano fare il loro show e avere trattamenti e benefici di grande riguardo”, dice Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato di Polizia Penitenziaria.

Di Giacomo protesta anche per gli scatti del detenuto: “Il personale non fa il fotografo, ma ha compiti ben più seri a cui pensare. Ognuno si assuma le sue responsabilità: ci aspettiamo che l’amministrazione penitenziaria individui ogni responsabilità nell’interesse della legalità, per allontanare l’immagine che in tutto il mondo si sono fatti delle carceri italiane, come l’ennesima barzelletta italiana”. Anche la camera penale Veronese ha sollevato critiche: a Montorio – fa sapere il presidente Paolo Matropasqua, ci sono quasi 600 detenuti per una capienza massima di 335. E ci sono stati cinque suicidi lo scorso anno. Auspichiamo che la situazione migliori e lo stesso trattamento venga garantito anche per gli altri”.

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