Un dramma che sfida ogni comprensione: Chiara Petrolini e la contraddizione tra immagine pubblica e realtà (nascosta).
Parma – Il caso di Chiara Petrolini ha attraversato l’Italia come una ferita profonda, lasciando dietro di sé interrogativi che sembrano destinati a rimanere senza risposta. La 22enne di Vignale di Traversetolo (Parma), accusata di aver ucciso i suoi due figli appena nati e di averne occultato i corpi nel giardino di casa, dovrà affrontare un processo davanti alla Corte d’Assise di Parma. Il giudice dell’udienza preliminare, Gabriella Orsi, ha disposto il rinvio a giudizio per tutti i reati contestati, tra cui il duplice omicidio aggravato dalla premeditazione. La prima udienza è prevista per il 30 giugno.
Non si tratta solo della gravità dei fatti contestati ma dell’apparente contraddizione tra l’immagine pubblica della ventiduenne e i gravi reati di cui è accusata. Una studentessa modello, volontaria in parrocchia, baby sitter stimata dalla comunità: un profilo che stride drammaticamente con le accuse da cui ora dovrà difendersi.
La scoperta dei due corpicini
La vicenda di Chiara Petrolini ha inizio nell’agosto del 2024, quando le indagini prendono avvio dopo una segnalazione. Il 9 agosto i carabinieri della stazione di Traversetolo fanno la prima, macabra scoperta: nel giardino dell’abitazione di famiglia giace sepolto il corpo di un neonato, cui verrà poi dato il nome Angelo Federico, nato appena due giorni prima, il 7 agosto, in casa e senza alcuna assistenza medica. A scoprire il corpo, dissepolto dai cani di famiglia, è la nonna di Chiara, che allerta immediatamente i carabinieri. In quei giorni, la famiglia Petrolini è in vacanza all’estero.

Le analisi autoptiche rivelano immediatamente che il piccolo era vivo alla nascita, trasformando quello che poteva sembrare un tragico caso di morte perinatale in un dramma molto più inquietante. L’assenza di tracce di assistenza al momento della nascita e la successiva sepoltura del corpo portano gli inquirenti a formulare l’ipotesi di omicidio, aprendo uno squarcio in quella che sembrava una normale famiglia di provincia.
Meno di un mese dopo, viene scoperto un secondo corpicino, anch’esso sepolto in una zona appartata. Si tratta di un altro neonato, Domenico Matteo, nato il 12 maggio 2023. Anche in questo caso la nascita sarebbe avvenuta in casa, di nascosto da tutti e senza alcun supporto medico. Anche questa volta, secondo l’accusa, il neonato sarebbe morto poco dopo il parto – col taglio del cordone ombelicale e il conseguente dissanguamento – per poi essere sepolto nel giardino di famiglia.
La premeditazione documentata
Quello che rende questo caso particolarmente agghiacciante è la documentazione digitale della premeditazione. Le ricerche effettuate da Chiara nei mesi precedenti i parti rivelano un piano studiato nei minimi dettagli: come disfarsi di un cadavere, tempi di decomposizione di un corpo, modalità per indurre il parto o abortire, video tutorial per partorire in autonomia.
La Procura contesta alla giovane proprio la premeditazione, sottolineando come entrambe le gravidanze siano state portate avanti in segreto, all’insaputa dei familiari e delle persone a lei più vicine. Il padre di entrambi i bambini è Samuel Granelli, ex fidanzato della giovane, con cui Chiara aveva avuto una relazione di lunga data. Anche lui ha partecipato all’udienza preliminare, dove – per la prima volta dopo mesi – ha incrociato lo sguardo dell’ex compagna.
Una capacità di dissimulazione senza precedenti
Forse l’aspetto più inquietante di tutta la vicenda di Traversetolo resta però la straordinaria capacità di Chiara di mantenere una facciata di normalità assoluta. Dopo aver partorito e, secondo l’accusa, ucciso il secondo bambino, la giovane ha continuato la sua vita quotidiana come se nulla fosse accaduto: uscite con le amiche, cene con la nonna, notti trascorse con il fidanzato nella stessa taverna dove aveva dato alla luce i suoi bambini. Aveva persino giustificato le tracce di sangue al padre con un banale “ciclo abbondante”, una spiegazione che era stata accettata dal genitore senza ulteriori domande.

Questa capacità di compartimentalizzazione psicologica solleva interrogativi profondi sui meccanismi mentali che possono portare a simili comportamenti. La Corte di Cassazione, pur non sminuendo la gravità dei fatti, ha parlato di “elevata capacità mistificatoria” e “non comune determinazione criminale”, riconoscendo implicitamente la complessità psicologica del caso.
Il peso delle gravidanze nascoste
Il caso tocca uno dei tabù più profondi della società contemporanea: quello della gravidanza indesiderata e delle sue conseguenze. La capacità di nascondere due gravidanze consecutive a famiglia, fidanzato e amici rivela quanto possa essere profondo il senso di vergogna o paura associato a una gravidanza non pianificata, anche in un contesto familiare apparentemente sereno.
L’immagine di “brava ragazza” che Chiara Petrolini aveva costruito potrebbe aver contribuito alla sua incapacità di chiedere aiuto o di affrontare apertamente la situazione. La pressione sociale della perfezione, il timore di deludere le aspettative familiari e sociali potrebbero aver giocato un ruolo nell’escalation tragica degli eventi.
Il ruolo dei genitori: tra inconsapevolezza e dolore
Le indagini hanno stabilito con assoluta certezza la completa estraneità ai fatti dei genitori di Chiara Petrolini, tanto che il Gip di Parma ha disposto l’archiviazione per la loro posizione. I due erano stati inizialmente indagati per poter procedere con gli accertamenti medico-legali salvo poi risultare completamente estranei agli eventi tragici che si sono consumati nella villetta di famiglia.
L’inconsapevolezza dei genitori è stata documentata attraverso le intercettazioni ambientali che hanno registrato le conversazioni familiari dopo la scoperta dei due corpicini. Dalle registrazioni emerge l’incredulità assoluta della madre e del padre, che continuano a chiedersi come sia stato possibile non accorgersi di nulla. Le intercettazioni rivelano il dramma di due genitori che si trovano improvvisamente a confrontarsi con una realtà inconcepibile, sconvolti dalla scoperta che la figlia sia riuscita a nascondere due gravidanze vivendo sotto lo stesso tetto.
Particolarmente significativa è la conversazione in cui la madre chiede alla figlia spiegazioni sui segnali che potrebbero esserle sfuggiti, riferendosi anche all’episodio di una cospicua perdita di sangue, risalente al 12 maggio 2023, quando i genitori erano fuori casa. Quello stesso giorno, come si scoprirà poi, Chiara partorì il primo bambino. Anche quando si erano verificati episodi potenzialmente sospetti, la capacità di dissimulazione della giovane era stata tale da non destare alcun sospetto.

Le intercettazioni documentano frasi che evidenziano la disperazione di una così drammatica scoperta: “Non avevi la pancia, com’è possibile? Hai rovinato la vita a tutti” le dice la mamma in un’occasione. È la reazione di chi si trova improvvisamente a scoprire che la figlia che credeva di conoscere ha vissuto una doppia vita per oltre un anno.
Il caso della famiglia Petrolini rivela una dinamica apparentemente normale, dove però sembrerebbe mancare la comunicazione profonda. Il fatto che il padre, trovando tracce di sangue dopo il secondo parto, si sia accontentato della spiegazione del “ciclo abbondante” e abbia semplicemente fatto lavare i tappetini, dimostra un approccio pragmatico ma non indagatore. Una dinamica che non implica negligenza o colpevolezza (e che certamente non spetta a chi scrive giudicare) ma piuttosto una fiducia nella figlia che si è rivelata tragicamente mal riposta.
La scoperta che la figlia che credevano di conoscere abbia vissuto una realtà parallela, di cui non avevano percepito nemmeno i segnali più evidenti, è un passaggio che richiederà tempo e consapevolezza per essere elaborato.
Le contraddizioni processuali
Il percorso giudiziario del caso di Vignale ha messo in luce alcune delle contraddizioni del sistema cautelare italiano. Il contesto domestico, le modalità dei parti e la dinamica delle morti avevano spinto la Procura a chiedere la custodia cautelare in carcere per Chiara Petrolini, ritenendo concreto il rischio di reiterazione del reato. Tuttavia, la Prima sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, confermando gli arresti domiciliari.

I giudici hanno ritenuto che le condizioni che avrebbero favorito i delitti non siano più presenti: la rete relazionale è venuta meno, la giovane vive ora sotto stretta sorveglianza e non può ricevere visite. Come ha scritto la Corte: “in regime di arresti domiciliari le sarebbe giocoforza inibita la possibilità di intrattenere relazioni affettive“. Il principio che emerge è che non basta la gravità dei reati per giustificare il carcere preventivo, se non esiste un pericolo concreto.
Tuttavia, la stessa Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del riesame, chiedendo che si effettui una nuova valutazione della misura cautelare.
Le dichiarazioni e le contraddizioni
Durante gli interrogatori, Chiara Petrolini ha ammesso di aver partorito da sola, in casa. Ha anche dichiarato che il primo bambino, Domenico Matteo, sarebbe nato già morto ma gli esami medico-legali hanno smentito questa versione, aggiungendo un ulteriore tassello al quadro di contraddizioni che caratterizza l’intera vicenda.
Il silenzio scelto dalla giovane durante l’interrogatorio di garanzia, quando si è avvalsa della facoltà di non rispondere, rappresenta l’ultimo atto di una strategia difensiva che dovrà confrontarsi con le prove raccolte durante le indagini.