“Chamila è stata strangolata, in bocca aveva delle foglie”: i dubbi sullo strano rituale inscenato da De Maria

L’autopsia sulla donna uccisa dal detenuto poi suicidatosi dal Duomo di Milano: ferite inferte post mortem per depistare. Un testimone: “Le ha chiesto soldi e l’ha minacciata di diffondere video intimi”.

Milano – Soffocata e strangolata a mani nude. Sarebbe morta così Chamila Wijesuriya, la barista 50enne originaria dello Sri Lanka trovata senza vita nel Parco Nord di Milano tra il 9 e l’11 maggio scorsi. A ucciderla sarebbe stato Emanuele De Maria, detenuto 35enne ammesso al lavoro esterno presso l’hotel Berna, dove la donna era impiegata. L’uomo, dopo aver tentato di accoltellare un altro collega, si è suicidato lanciandosi dalle terrazze del Duomo di Milano.

Secondo i primi esiti autoptici, le ferite da taglio riscontrate sulla gola e sui polsi non sarebbero compatibili con le cause del decesso e potrebbero essere state inferte post mortem, forse nel tentativo di depistare o parte di un macabro rituale. Un dettaglio inquietante: il corpo è stato trovato con delle foglie in bocca, su cui si sta indagando per verificare un possibile significato simbolico legato al precedente femminicidio commesso da De Maria nel 2016. Lo stato psicologico dell’uomo al momento dell’omicidio-suicidio e le eventuali assunzioni di droghe saranno inoltre approfondite con esami tossicologici.

Nel frattempo, l’inchiesta della Procura di Milano, condotta dal pm Francesco De Tommasi, mira a far luce su possibili negligenze nel percorso trattamentale del detenuto. Una testimone ha riferito che De Maria era ossessivo e minaccioso con Chamila, che temeva per la propria vita. Le avrebbe chiesto soldi e minacciato di diffondere video intimi. Circostanze, però, che non sarebbero mai giunte all’attenzione del datore di lavoro o comunicate alle autorità penitenziarie.

Gli inquirenti stanno ora esaminando anche le relazioni di psicologi ed educatori carcerari per accertare eventuali omissioni o sottovalutazioni.

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