C’ERA UNA VOLTA SANREMO: IL FESTIVAL DELLA “VERA” CANZONE ITALIANA

Questo è stato un Sanremo "disorientato e disorientante’’, una fake per le mancate zaffate dei big veri, fra i quali molti gli imboscati. Insomma una manifestazione che non ci rimarrà dentro il cuore ma nelle orecchie. Tanto è stato il rumore.

Sanremo – Senza dubbio é stato il Festival del Rap Metal Rock più complicato ma anche il meno ossequioso, il più improvvisato, dove alla mancanza di autori (rari, da preservare), ha sopperito splendidamente il mitico Fiorello.

Direi che, a parte i cantanti, niente è stato previsto, premeditato, preventivato, tantomeno la vittoria a sorpresa del gruppo rock.

Ora, facendo un piccolo, semplice ragionamento sulle motivazioni per le quali gli italiani hanno portato sul podio i Maneskin, nonché sulla seconda posizione di Michielin Fedez (mentre il favoritissimo Ermal Meta è stato “declassato” a “medaglia di bronzo”), possiamo dire senza tema di smentita che questo è stato il festival più seguito dai giovani sui social, tutti, dal più trendy, Twitter in cima, a tutti gli altri.

E lì, chi ci trovi? Lei! Chi altra? La Ferragni! Col suddetto consorte e tanti tantissimi, troppi, followers. Già era già tutto sistemato. E vuoi che coi giovani, giovanissimi, relegati in casa (i più ligi alle disposizioni governative, i meno reazionari), con i milioni di aficionados della “couple” più blogger del web marketing, non sfrutti l’occasione di “porgere” il pezzo ai “federragnini” come fosse il calice d’Acquasanta? Fatto.

Ermal Meta

Era già tutto a posto. Arrivano sul podio e quasi hanno rischiato di portarsi la palma d’oro. Ma giustizia musicale se non è fatta, si farà. Ecco i Maneskin  agguantare, a sorpresa anche per loro, la vittoria del 71esimo festival. Sorvolo sulle qualità del brano, sulla correlazione con la definizione “71° Festival della canzone italiana”.

Le parole hanno un significato, vivaddio, ancora. Allora cambiategli nome, chiamatelo “Festival di musica di genere”, ed espatriamolo a Milano dove lo vedrei meglio inserito ai fini di una promozione discografica di livello internazionale. Ma poi tocca farmi una domanda, e darmi una risposta (cit. stra abusata marzulliana, di cui chiedo venia).

Ma l’alternativa qual era?’’  E qui mi limiterò ai nomi musicalmente più rappresentativi.

Era forse Annalisa? (Internazionale? S’ha dda fa‘). Era forse Arisa? (Pretendesse ‘’signori’’ autori, come è attenta al cambio look, sarebbe salita sul podio, perché è una che sa come usare le corde). Poteva essere Malika Ayane? Poteva, certo (ma l’ hanno dotata di un brano striminzito, per una il cui karma è la Musica, consumata, inglobata divinamente nelle giugulari, come pochissime altre artiste).

Arisa

Oppure era Noemi?! (Anche tu, mea filia! Sempre la stessa canzone, stessa voce, stessa intonazione perfetta!). Nemmeno a chiedersi sull’effettiva necessità/apporto artistico della partecipazione al festival di Bugo. Super Orietta old great glory (incredibilmente intonata per l’anagrafe, anche questo prevedibile).

E poi ci è “mancato” in diretta il buon poeta Gazzè (dov’è finita la poesia della “Leggenda di Pizzomunno?’’).

“Però la musica si deve evolvere“, sento dire in giro. Certo come riuscirono ad evolverla Battisti, Modugno, Dalla; ma temo fortemente che quelle straordinarie evoluzioni musicali, siano ahimè, irripetibili. E allora va bene così. Questo è stato un Sanremo anomalo in tempi anomali, perciò non bisogna gridare al ‘’miracolo’’ del nuovo che avanza, ed il perché è semplice.

Non è stato un Sanremo “innovativo, originale’’ anzi. Si sono viste più scopiazzature in tre serate che in 30 anni (alcune davvero irritanti, clownesche, tanto erano forzatamente eccessive, da suscitare ilarità e parodie sui social). Questo è stato un Sanremo “disorientato e disorientante’’, una fake per le mancate zaffate dei su citati big veri (tra i quali molti gli  imboscati).

Noemi

Da qui ne hanno subito approfittato i nuovi (o quasi) rapper e i giovani rockettari, forti dello zoccolo duro dei sostenitori social, al grido di “Follow me, rate me”. Che sarà legale ma se scomodiamo la politically correct Competition, qualcosa da rimuginare, ci starebbe, ma tant’è.

Evviva allora i Maneskin, portatori di nuove strade da percorrere, a favore degli amanti del Rock. Peccato che abbiano portato un brano mediocre, dove niente di nuovo si è sentito e visto (stravaganze gender a parte, look di iper-trasparenze non necessarie, se hai un buon pezzo).

Mancanza di originalità, a mio parere, anche se le sonorità sono state buone. Ma lo spettacolo, lo stupire a tutti i costi, docet. Così da distrarre i meno attenti dal prodotto musicale. Magari faranno il bis all’Eurovision di Rotterdam. Scivolando poi sui vari: Ghemon, Gaia, Irama, Gio Evan, Lo stato sociale, Fulminacci, Willi Peyote (Premio Mia Martini), Fasma, Aiello, Coma_Cose, Madame (miglior testo), Colapesce e Dimartino (Premio della stampa ‘’Lucio Dalla’’), mi riservo di scrivere su tutti tra un anno, quando e se li ritroveremo nelle classifiche delle visualizzazioni social web.

Amadeus e Fiorello

Azzardo e avanzo una proposta agli organizzatori futuri (Amadeus ha dichiarato forfait per l’anno prossimo) e cioè di istituire all’interno della manifestazione, una sezione Rock Metal Rap per gli amanti del genere, e lasciare che il Festival sia ancora quella istituzione tutta italiana necessaria alla vita.

Specialmente in questo terribile tempo nostro, che dia la possibilità di intonare ancora una canzone sotto la doccia o davanti allo specchio. Ma una bella, di quelle che quando entrano nel cuore non ti lasciano più.

 

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