Cellulari in carcere, nel 2023 ne sono stati trovati 3606: l’ultima scoperta a Bologna

La polizia penitenziaria ha ritrovato oltre 10 telefonini nelle sezioni ad ‘alta sicurezza’. L’ennesimo sfogo, e allarme, dei sindacati.

Bologna – Continuano a essere ritrovati, occultati nelle celle delle carceri italiane, cellulari e smartphone. Nel 2023 fonti Dap hanno svelato che sono stati sequestrati in totale 3606 telefonini nei penitenziari da Nord a Sud. L’ennesimo episodio nel carcere bolognese: attraverso “un’operazione della Polizia penitenziaria condotta dall’alba di stamani sono stati scoperti oltre dieci apparecchi, fra telefonini e smartphone” in possesso “di detenuti ristretti nelle sezioni del circuito ad ‘alta sicurezza'”. A darne notizia è il segretario Nazionale della Uilpa Polizia Penitenziaria, Domenico Maldarizzi.

“La portata del ritrovamento, oltre a mettere in risalto ancora una volta le straordinarie capacità d’intelligence e d’intervento operativo della Polizia penitenziaria – osserva – conclama l’inefficienza strutturale dell’organizzazione carceraria e del circuito ad alta sicurezza”. A giudizio di Maldarizzi, “la professionalità e l’arguzia della Polizia penitenziaria aiuta certamente a mettere una toppa sulle molteplici falle del sistema, ma rimane il fatto che telefonini, smartphone, sostanze stupefacenti, talvolta armi, e più in generale, oggetti non consentiti penetrano con troppa facilità nelle carceri, che non di rado divengono vere e proprie piazze di spaccio e centri di gestione di attività criminali”.

Quindi, aggiunge, “la repressione non è sufficiente né qualitativamente né quantitativamente e occorre l’efficace prevenzione. Per farla, è inevitabile potenziare gli organici della Polizia penitenziaria, mancanti rispetto al reale fabbisogno di 18mila unità a livello nazionale”. Nel 2023, sottolinea ancora l’esponente sindacale, “fonti Dap hanno fatto sapere che sono stati sequestrati in totale 3606 telefonini nelle carceri italiane. Auspichiamo nuovamente che il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il Governo Meloni
prendano concretamente atto della perdurante emergenza e – conclude Maldarizzi varino un decreto carceri per assunzioni straordinarie con procedure accelerate e, parallelamente, promuovano riforme strutturali e complessive”.

Allarma sempre di più il business che si alimenta dal “market” di cellulari e droga in carcere. Dieci giorni fa a Caltanissetta ci sono stati due arresti dopo che i finanzieri dei GICO avevano individuato due soggetti che intendevano utilizzare un drone per recapitare all’interno della struttura carceraria un involucro contenente droga e numerosi telefoni cellulari. Ma ormai, come denunciano i sindacati penitenziari, il business è fiorente in tutta Italia. In parallelo, c’era stata la denuncia è del Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria a Verona: “Il carcere di Montorio come una piazza di spaccio. È oramai continua l’azione di contrasto per l’introduzione, la detenzione e l’uso di telefoni cellulari e droga in carcere che vede quotidianamente impegnati gli uomini e le donne del Corpo di Polizia penitenziaria di Verona”.

E Donato Capece, segretario generale del Sappe rinnova al Dap la richiesta di “interventi concreti come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica di ultima generazione per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o ogni altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani”.parlare del fenomeno allarmante era stato anche il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri: in 19 penitenziari, grazie all’ingresso dei cellulari “i boss hanno continuato a minacciare e a impartire ordini all’esterno. E così riescono a eludere la detenzione”.

L’emergenza è nazionale, attraversa l’intero sistema penitenziario italiano. In ogni carcere “si annidano una media di 100 telefonini, entrano tramite droni ipertecnologici insieme a droga e armi. Con quei cellulari – ricorda Gratteri, “i boss continuano a impartire ordini all’esterno, a minacciare, ad eludere la detenzione. Sconfessando l’ormai celebre dichiarazione del ministro di Giustizia Carlo Nordio: “Un mafioso vero non parla né al telefono, né al cellulare perché sa che c’è il trojan, né in aperta campagna perché ci sono i direzionali”.

Nicola Gratteri

A Gratteri non sfugge neppure il tariffario delle vendite dietro le sbarre. Le mafie lucrano anche su questo traffico, con tanto di prezzi: 1.000 euro “per introdurre uno smartphone250 euro una sim, 7.000 euro mezzo chilo di erba e una pistola “10 mila euro” dice in un’intercettazione Vincenzo Scognamiglio (fra i 30 arrestati nel maxi-blitz di ieri a Napoli), uno dei leader di una ‘squadra specializzata’, una sorta di franchising al servizio dell’Alleanza di Secondigliano, capace con i suoi droni, secondo l’accusa, di bucare i sistemi di sicurezza di almeno 19 penitenziari”.

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