In aula Occorsio a Roma durante l’udienza del processo per la morte del ricercatore friulano, rapito, torturato ed ucciso in Egitto nel 2016.
Roma – “Ho sentito quando Regeni gridava e veniva picchiato, parlava italiano e un arabo ma non da madrelingua. Ho visto un ragazzo italiano di altezza media, con jeans, maglietta e felpa, forse azzurra. Aveva circa 30 anni, forse poco più. Portava la barba, ma era molto corta. Era in piedi e parlava in italiano con un ufficiale. Io ho detto: ‘sta chiedendo un avvocato’, io ho lavorato in una società italiana per due anni e conosco qualche parola”. Così il testimone protetto ‘Delta’, in aula Occorsio a Roma durante l’udienza del processo per la morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano, rapito, torturato ed ucciso in Egitto nel 2016. Per l’omicidio sono a processo quattro 007 egiziani.
“Ho sentito quando Giulio Regeni veniva torturato... Lui si lamentava e parlava in arabo. Ricordo che lo
vidi per prima volta nel commissariato Dokki, eravamo stati arrestati entrambi il 25 gennaio del 2016″. “In commissariato stava parlando con un ufficiale, (Giulio, ndr) era vestito con dei jeans e un pullover celeste. Poi ci hanno portato via, – racconta ‘Delta‘ – ci hanno fatto salire a bordo di un auto e ci hanno bendato gli occhi. Lui ha continuato a chiedere di un avvocato, parlava anche in italiano. Io, che conoscevo la lingua, l’ho
spiegato a chi era in auto ma mi hanno dato un pugno dicendomi: ‘vuoi fare il traduttore, lui parla arabo meglio di te'”.
Il testimone ‘Delta’, preso lo stesso giorno in piazza Tahrir, ha ricordato: “Siamo stati portati in un ufficio che era famoso come il cimitero dei vivi. Giulio è stato portato nella sezione per gli stranieri. Non l’ho più visto ma sentivo quando veniva picchiato perché eravamo in stanze vicine: quando si tratta di torturare le persone questi non fanno differenze, non sono razzisti”. Quindi ha aggiunto, sempre rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco: “Io sono seduto qui e sono terrorizzato”. Poi ha spiegato: “Ci hanno picchiato. Io sono stato legato alle maniglie del letto e hanno usato la scossa elettrica”.
Ed oggi? “Ci sono segni nel mio corpo, ho segni su un braccio, ho di tutto”. “Tante le cicatrici. Una da 5 o 6
centimetri sulla tempia sinistra. I segni sul braccio, invece, sono coperti da una serie di tatuaggi. I segni risalgono a quel luogo e a quei giorni”.