Si procederà solo per il porto abusivo d’arma. Sull’eventuale rinvio a giudizio si deciderà tutto nell’udienza aggiornata al 20 novembre.
Biella – Niente patteggiamento né rito abbreviato per Emanuele Pozzolo, che ha scelto la strada di andare a dibattimento. E sull’eventuale rinvio a giudizio si deciderà tutto nella seconda sessione dell’udienza preliminare che è stata aggiornata al 20 novembre. Il gup del Tribunale di Biella ha dichiarato estinto il reato di lesioni aggravate per la vicenda relativa al colpo di pistola sparato al veglione di Capodanno alla Pro Loco di Rosazza. In quell’occasione, rimase ferito di striscio un elettricista di 31 anni, genero del capo scorta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. La difesa non ha proposto neanche il patteggiamento né il rito abbreviato.
In caso di eventuale rinvio a giudizio, che sarà deciso il 20 novembre, si sceglierà quindi il giudizio ordinario e si aprirà il dibattimento per il solo reato di porto abusivo d’arma. In prima battuta Pozzolo era stato accusato di lesioni personali aggravate e porto abusivo d’arma, in quanto la mini pistola da cui partì lo sparo faceva parte della collezione di armi e non poteva né essere portata né trasportato fuori dal domicilio in cui era stata dichiarata la detenzione. Nelle scorse settimane, però, Luca Campana, l’uomo ferito, aveva ritirato la querela per lesioni che aveva presentato, aprendo così le porte a una proposta di risarcimento danni e facendo decadere l’accusa di lesioni.
Pozzolo, che si era presentato alla festa alla sede della Pro Loco, organizzata dalla sindaca Rosazza, Francesca Delmastro, sorella di Andrea, sottosegretario alla Giustizia, anche lui presente, ha sempre dichiarato di essere innocente. Unico indagato per il ferimento di Campana, compagno della figlia di Pablito Morello, agente della polizia penitenziaria e all’epoca capo scorta del sottosegretario alla Giustizia, ha sempre negato di essere stato lui a sparare, e ha detto che il colpo sarebbe partito accidentalmente mentre Morello maneggiava la sua pistola. A gennaio tuttavia era risultato positivo alla “prova dello stub”, un test che serve a trovare eventuali residui lasciati da un colpo d’arma da fuoco sul corpo e sui vestiti di una persona.
Nella versione data agli inquirenti, Pozzolo aveva accusato proprio Morello di aver sparato. Aveva detto di aver atteso così tanto a dirlo perché si aspettava che fosse lo stesso Morello a costituirsi, cosa che però non è avvenuta. Altri due testimoni – il figlio di Morello e la vittima stessa – avrebbero detto agli inquirenti che era stato Pozzolo ad avere l’arma in mano al momento dello sparo, mentre altri presenti non avevano saputo dire chi fosse il responsabile. Anche le analisi balistiche non avevano smentito la ricostruzione dei fatti effettuata dalla Procura. Non c’è comunque dubbio, secondo quanto emerso dalle perizie, che il colpo sia partito dall’arma del deputato. Una pistola che peraltro, come ha sottolineato la Procura di Biella in una nota, era “detenuta esclusivamente in regime di ‘Licenza da collezione’”.
L’esame del Dna aveva mostrato che tre persone avevano toccato l’arma: il deputato, Morello e il figlio. Stando a quanto dichiarato, gli ultimi due avrebbero toccato l’arma dopo lo sparo per metterla in sicurezza e riporla su una mensola. Ancora oggi Pozzolo è l’unico indagato, e ora starà al giudice per l’udienza preliminare decidere se procedere e passare al processo.