Caso Beatrice Belcuore: archiviazione definitiva tra consulenze ignorate e misteri irrisolti

La morte dell’allieva carabiniere alla Scuola di Firenze: dalla telefonata misteriosa alle prove tecniche non valutate.

Firenze – Beatrice Belcuore, 25 anni di Castelnuovo di Farfa (Rieti), è stata trovata senza vita il 22 aprile 2024 all’interno della Scuola Allievi Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze, dove stava frequentando il secondo anno di corso. La giovane donna si è sparata con la pistola di ordinanza in un’aula dell’istituto, a poche settimane dal conseguimento del grado di Maresciallo, programmato per giugno.

Beatrice aveva seguito le orme del padre Stefano, carabiniere in servizio al Radiomobile del Comando di Poggio Mirteto. La sua carriera militare era iniziata con successo: aveva superato tre selezioni rigorose, una nella Marina e due nei Carabinieri, dimostrando le sue capacità e la sua determinazione.

I segnali di disagio e la denuncia della famiglia

Nei mesi precedenti alla morte, Beatrice aveva manifestato alla famiglia crescenti segni di malessere legati all’ambiente della scuola militare. In alcuni messaggi alla madre Maria, la giovane lamentava “regole assurde” che le stavano “rovinando la vita” e riferiva di avere iniziato a perdere i capelli a causa dello stress.

La famiglia ha denunciato attraverso una lettera pubblica quello che ha definito un “sistema gerarchico malato”, caratterizzato da pressioni psicologiche eccessive e regole considerate vessatorie. I genitori hanno accusato l’istituzione di aver sottoposto gli allievi a un regime disciplinare troppo rigido, che avrebbe contribuito al deterioramento delle condizioni psicologiche della figlia.

L’inchiesta e la prima archiviazione

Le indagini sulla morte di Beatrice sono state condotte dalla Procura di Firenze sotto la direzione del pubblico ministero Giacomo Pestelli. L’inchiesta iniziale “non ha fatto emergere alcun elemento concreto” che potesse far ipotizzare responsabilità terze nel decesso della giovane militare.

Nel settembre 2024, il GIP di Firenze ha emesso una sentenza di archiviazione del caso. Nella decisione, il giudice ha rilevato che la madre di Beatrice “aveva colto nel disagio emotivo di Beatrice dei segnali d’allarme tali da far ritenere possibile un simile gesto”, ma ha anche evidenziato che la Scuola non era stata informata di questa situazione e quindi non poteva essere ritenuta responsabile di non aver adottato misure preventive.

Le critiche della famiglia agli accertamenti

I familiari di Beatrice, assistiti dall’avvocato Rizziero Angeletti, hanno contestato duramente la decisione di archiviazione, sottolineando le lacune nell’indagine. La famiglia ha lamentato che non sono stati eseguiti accertamenti fondamentali come: l’esame dello Stub (test per rilevare residui di sparo), l’autopsia completa, l’esame tossicologico e un’analisi approfondita del fascicolo fotografico.

Pistola carabinieri

Secondo i familiari, senza questi elementi essenziali sarebbe impossibile escludere con certezza ogni altra ipotesi sulla morte della giovane. La famiglia ha inoltre denunciato “numerose incongruenze” emerse durante le indagini che non sarebbero state adeguatamente approfondite.

La svolta di dicembre 2024: annullata l’archiviazione

Il 20 dicembre 2024 è arrivata una svolta importante nel caso. Il Giudice Francesco Ponzetta ha annullato il provvedimento di archiviazione, accogliendo le istanze presentate dalla famiglia e riconoscendo la necessità di ulteriori approfondimenti investigativi.

Il sostegno di UNARMA

L’associazione sindacale dei Carabinieri UNARMA ha sostenuto fin dall’inizio le richieste della famiglia Belcuore. Secondo UNARMA, “la decisione del Giudice Francesco Ponzetta rappresenta un importante passo avanti verso la verità”.

Il sindacato ha sottolineato l’importanza di non sottovalutare mai il peso umano delle istituzioni e di garantire che vengano condotte indagini complete e approfondite in casi di questa gravità.

L’appello della famiglia: “Non siamo casi isolati”

La famiglia Belcuore ha lanciato un appello accorato ad altre famiglie che potrebbero aver vissuto situazioni simili. Nel loro messaggio, i genitori hanno sottolineato come “altre famiglie hanno vissuto il nostro stesso dolore, lo stesso muro di silenzio, la stessa risposta fredda e burocratica: ‘era fragile, non ha retto'”.

L’invito è quello di unirsi per portare la battaglia davanti alla Corte di Giustizia Europea, con l’obiettivo di dimostrare che non si tratta di “casi isolati” ma divittime di un modello che si ripete e che deve assolutamente finire”.

Il ricordo durante il giuramento

Il 18 ottobre 2024, durante la cerimonia solenne del giuramento del 12° corso alla Scuola Marescialli di Firenze, Beatrice è stata ricordata insieme agli 800 allievi marescialli che avrebbero dovuto essere suoi colleghi. Lei stessa avrebbe dovuto partecipare a quella cerimonia, coronando il suo sogno di diventare Maresciallo dei Carabinieri.

I funerali di Beatrice Belcuore

Il nuovo decreto di archiviazione del 25 giugno 2025

Nonostante l’annullamento del primo provvedimento, il 25 giugno 2025 è arrivata una nuova archiviazione definitiva del caso. Le motivazioni depositate hanno però suscitato forti critiche da parte della difesa, che ha evidenziato come elementi oggettivi emersi dalle consulenze tecniche non siano stati adeguatamente considerati.

Le consulenze tecniche ignorate: le dichiarazioni dell’avvocato Angeletti

L’avvocato Riziero Angeletti, legale della famiglia Belcuore, ha rilasciato dichiarazioni molto critiche riguardo alla nuova archiviazione. Come ha spiegato a Rietinvetrina, la famiglia non aveva chiesto “nuove prove esplorative” ma aveva prodotto “consulenze medico legali, informatiche e psicologiche” con “dati oggettivi che non erano stati approfonditi”.

Secondo l’avvocato Angeletti, la perizia tecnica ha rilevato cheil colpo di entrata della pistola dalle foto prodotte sembra essere sulla parte sinistra della testa e non sulla tempia destra come si presume una persona destrorsa debba avere”. Questo elemento oggettivo, secondo la difesa, non avrebbe ricevuto una risposta adeguata dal tribunale sulla sua compatibilità con l’ipotesi del suicidio.

Avvocato Riziero Angeletti

Il consulente della famiglia ha analizzato l’anamnesi storica di Beatrice, concludendo che “nulla faceva pensare questo, nulla faceva presagire il raggiungimento di questa gravità, portandola al suicidio”. Questa valutazione contrasta con la motivazione del giudice, che ha attribuito il gesto a una “presunta debolezza psicologica” legata al fatto che “non sopportava più la vita militare”.

L’avvocato ha sottolineato anomalie nella ricostruzione della giornata tragica. Beatrice aveva chiesto di poter andare in camera perché non si sentiva bene ma “trascorre un’ora e mezza e poi la ritrovano morta. In quel lasso di tempo nessuno ha verificato dove stesse, o cosa facesse”.

La telefonata misteriosa

Un elemento particolarmente significativo emerso dalle indagini della difesa riguarda una conversazione telefonica avvenuta la mattina del decesso. Secondo quanto riportato dall’avvocato Angeletti, “la donna delle pulizie ha sentito la Belcuore litigare con un interlocutore telefonico ma con l’interlocutore si parlava di una terza persona che le aveva provocato una arrabbiatura profonda, importante”.

La donna delle pulizie avrebbe addirittura “avuto cura di appuntarsi in un foglio di carta le parole che Beatrice Belcuore stava dicendo”. La famiglia ha quindi chiesto di identificare questa terza persona e di sentire l’interlocutore della chiamata ma secondo l’avvocato “di questo non viene fatta nessuna menzione” nelle motivazioni dell’archiviazione.

L’avvocato Angeletti non ha escluso che “il suicidio potrebbe anche essere stato istigato”, evidenziando come proprio per questo motivo la famiglia avesse richiesto ulteriori approfondimenti investigativi. Questa ipotesi acquisisce maggiore rilevanza alla luce della telefonata del mattino e delle circostanze ancora non chiarite.

Come ha precisato l’avvocato Angeletti citando il principio di Calamandrei (“tutte le sentenze vanno rispettate soprattutto quelle sbagliate”), la famiglia rispetta la decisione giudiziaria pur non condividendola. Tuttavia, ha sottolineato che “questo tipo di provvedimento non si può appellare neppure al TAR e che “il caso si potrebbe riaprire solamente nel caso in cui dovessimo trovare nuove importanti prove”.

Con la seconda archiviazione definitiva, la famiglia Belcuore si trova ora di fronte alla necessità di trovare elementi probatori completamente nuovi per poter riaprire il caso. La battaglia legale continua, sostenuta dalla convinzione che gli elementi tecnici già emersi non siano stati adeguatamente valutati.

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