La Libia chiese la consegna dell’ex comandante della polizia fermato in Italia, sulla base di un mandato d’arresto che solleva non pochi dubbi di autenticità.
Roma – Il caso di Osama Elmasry Njeem, noto come Almasri, continua a generare polemiche e interrogativi sulla gestione italiana di un sospetto criminale di guerra ricercato dalla Corte Penale Internazionale (CPI). Arrestato a Torino il 19 gennaio 2025 e rimpatriato in Libia due giorni dopo su un volo di Stato, Almasri, ex comandante della polizia giudiziaria libica e responsabile del carcere di Mitiga a Tripoli, è accusato di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui omicidio, tortura, stupro e persecuzioni. Come ripoprtato da Repubblica, un carteggio inviato da Tripoli a Roma il 20 gennaio, che include un mandato di arresto libico datato 12 novembre 2024, solleva dubbi sulla sua autenticità e alimenta le critiche contro l’Italia per aver violato gli obblighi del Trattato di Roma, privilegiando rapporti diplomatici con la Libia a scapito della giustizia internazionale.
Il documento libico, allegato a una lettera indirizzata al ministro degli Esteri Antonio Tajani, è composto da sole 14 righe e cita un mandato di arresto emesso dalla procura di Tripoli il 12 novembre 2024 contro Almasri, per il suo presunto ruolo nelle violenze nel quartiere di Abu Salim del 14 agosto 2023, che avrebbero causato vittime civili e distruzioni. Il procuratore aggiunto Mohamed Al Muqaryef chiedeva l’arresto e la consegna di Almasri per processarlo in Libia, invocando la collaborazione italiana. Tuttavia, due elementi destano sospetti. Il mandato, datato novembre 2024, non spiega perché Almasri, figura di spicco della polizia giudiziaria libica, non sia stato arrestato in Libia nei mesi successivi. Fino al suo viaggio in Europa, Almasri ha partecipato a eventi pubblici, conferenze e riunioni governative a Tripoli, muovendosi liberamente e attraversando i controlli dell’aeroporto di Mitiga senza problemi. La sua visibilità mal si concilia con l’idea di un latitante ricercato.
Dopo il rimpatrio, celebrato con festeggiamenti organizzati in anticipo, la Procura generale libica ha dichiarato, tre giorni dopo, che le accuse contro Almasri erano “destituite di fondamento”. Nessun arresto è seguito al suo ritorno, rafforzando l’ipotesi che il mandato fosse un escamotage per ottenerne la liberazione dall’Italia. L’associazione Baobab, che supporta Lam Magok, testimone chiave contro Almasri, ha commentato: “L’obiettivo comune è stato raggiunto: Almasri è libero di torturare ed uccidere in Libia”. Il carteggio è stato incluso nel dossier inviato dall’Italia alla CPI per giustificare l’espulsione, ma appare come un tentativo maldestro di coprire una decisione politica.