L’ex leader di An: “Ho ancora fiducia nella giustizia”, la compagna lo difende “Gli nascosi l’origine del denaro per l’acquisto”.
Roma – Otto anni per Gianfranco Fini e 9 per la compagna, Elisabetta Tulliani. Entrambi sono imputati nel processo in cui devono rispondere dell’accusa di riciclaggio per la vicenda dell’acquisto di un appartamento a Montecarlo. I due sostituti procuratori hanno anche sollecitato 10 anni di condanna per Giancarlo Tulliani e 5 anni per il padre Sergio. Dopo quasi 14 anni da quell’estate rovente, capace di mandare in fumo la carriera politica dell’ex presidente della Camera, per quella vicenda si è arrivati alle richieste di condanna.
“Ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo“, ha dichiarato Elisabetta Tulliani in aula prima della requisitoria del pm. Dichiarazioni spontanee in cui la donna ha difeso il compagno e sostenendo che fosse all’oscuro di tutto. Tuttavia senza autoaccusarsi. “Dopo un lungo travaglio interiore, sento l’obbligo morale di offrire un contributo alla verità. Finora non ho partecipato al processo per non turbare, alla luce dell’eco mediatica, le mie figlie ancora adolescenti. Il processo ha già turbato la mia famiglia, ma il mio silenzio continuerebbe a danneggiare le persone a me care – ha detto Tulliani -. Sento il dovere di confessare a collegio giudicante le mie responsabilità: ho nascosto al padre delle mie figlie le intenzioni di mio fratello di acquistare la casa“.
E ancora, ha aggiunto: “Ero certa che il denaro per l’acquisto fosse di mio fratello. Non ho mai detto a Fini del denaro ricevuto da mio padre, di cui ignoravo la provenienza. Il comportamento di mio fratello è la più grande delusione della mia vita. Mai avrei immaginato che mi avrebbe coinvolto in vicende che ho appreso dalle indagini e che mi hanno travolta”.
Fini, presente nell’Aula del Tribunale di Roma, pronuncia una frase amara: “Era scontato che la pubblica accusa chiedesse la condanna, continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi”. L’ex leader di Alleanza nazionale ha infatti sempre sostenuto di essere stato ingannato dalla compagna e dai suoi familiari. “Quella dell’appartamento di Montecarlo è stata la vicenda più dolorosa per me”, aveva affermato in precedenza Fini, dicendo di essere rimasto vittima dell’inganno di Giancarlo Tulliani e dalla sorella.
“Loro insistettero perché mettessi in vendita l’immobile. Giancarlo mi disse che una società era interessata ad acquistarlo – aveva proseguito l’ex presidente della Camera – ma non sapevo che della società facevano parte lui e la sorella: la sua slealtà e la volontà di ingannare e raggirare credo si sia dimostrata in tutta una serie di occasioni”. Il processo ruota attorno alla vendita della casa di Montecarlo, lasciata in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad An, che sarebbe stata acquistata, secondo l’accusa, da Giancarlo Tulliani attraverso società off-shore.
Un’operazione effettuata nel 2008, per poco più di 300mila euro e che con la vendita dell’immobile nel 2015 fruttò un milione e 360mila dollari. Alla scorsa udienza i giudici della quarta sezione del Tribunale di Roma avevano dichiarato la prescrizione per l’accusa di associazione a delinquere, essendo stata esclusa l’aggravante della transnazionalità.