Carceri: la messa alla prova dei detenuti, a Firenze un convegno sul tema

Al 2023 sono 26mila 84 le applicazioni della misura alternativa alla detenzione a livello nazionale, delle quali 5mila 51 in Toscana.

Firenze – Messa alla prova e lavori di pubblica utilità come strumenti di costruzione di un’alternativa alla
detenzione. Di questo si è parlato nel convegno ‘Giustizia nella Comunità. Il ruolo della società civile e della comunità nella costruzione di una alternativa alla detenzione”, organizzato dal Garante della Toscana Giuseppe Fanfani nell’Auditorium di palazzo del Pegaso a Firenze.

Come ha spiegato la coordinatrice del convegno Katia Poneti ”introdotta nel 2014 e ampliata nel 2022 con la Riforma Cartabia, la sospensione del procedimento con messa alla prova ha lo scopo di deflazionare la giustizia penale e di ridurre gli ingressi in carcere. A tal fine sospende il procedimento penale e sottopone la persona imputata a un programma trattamentale, che comprende un’attività a favore della collettività, il lavoro di pubblica utilità appunto, da svolgere pressi gli enti convenzionati con il Tribunale. Il buon esito della messa alla prova estingue il reato”.

Poneti ha ricordato alcuni numeri ”al 2023 sono 26mila 84 le applicazioni di messa alla prova a livello nazionale, delle quali 5mila 51 in Toscana, un dato che fa pensare – continua- perché le presenze di detenuti in carcere sono in aumento dai 60mila del 2023 ai 62mila 427 ad oggi, questo indica che quei 26mila in messa alla prova non sono stati sottratti alle persone in carcere”.

”Il progetto ha voluto creare una rete tra le associazioni toscane coinvolte nei lpu/messa alla prova, valorizzando il confronto e lo scambio di buone pratiche – ha detto l’assessora alle politiche sociali Serena Spinelli – è importante lavorare in sinergia con lo stesso obiettivo, quello di costruire percorsi che
siano alternativi alla detenzione”. ”Sappiamo che alle misure alternative abbiamo la necessità di far accedere più persone possibili e che talvolta quelli più fragili vi accedono con più difficoltà”. ‘‘Dobbiamo creare – conclude – cultura della misura alternativa al carcere”.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa