Carceri: garante nazionale, 14 decessi per “cause da accertare”. Cosa c’è dietro i suicidi

Lo rivela Felice Maurizio D’Ettore nel focus suicidi del 2024: tutti erano uomini, 9 italiani e cinque di nazionalità straniera.

Roma – Le persone detenute che dall’inizio del 2024 e fino al 22 luglio 2024 sono decedute in carcere e risultano come ‘decessi per cause da accertare’ sono 14. Lo rileva il presidente del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Felice Maurizio D’Ettore nel focus suicidi in carcere anno 2024 aggiornato ad oggi. Analizzando i dati personali, si rileva che delle 14 persone decedute tutti e 14 erano uomini. Riguardo alla nazionalità, 9 erano italiane e 5 straniere, provenienti da 5 diversi Paesi.

Le fasce d’età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (6 persone) e tra i 40 e i 55 anni 5 persone); le restanti si distribuiscono nelle classi 18 – 25 anni (2 persone), 56-69 anni (0 persone) e ultrasettantenni (1 persona). Si rileva che l’età media delle 14 persone è di circa 41 anni. La posizione giuridica delle 14 persone che sono decedute in carcere è la seguente: 8 erano state giudicate in via definitiva e condannate, mentre 1 aveva una posizione cosiddetta “mista con definitivo”, cioè aveva almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso; 3 persone erano in attesa di primo giudizio, 2 appellanti. 

Dall’inizio dell’anno si sono registrati 61 suicidi: “una carneficina mai vista in precedenza”, come l’ha definita Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria. L’ultimo episodio è avvenuto due giorni fa a Prato, dove un ragazzo di 27 anni si è impiccato all’interno della sua cella. Nelle stesse ore, a Genova un’altra donna ha tentato di togliersi la vita ed è stata salvata in extremis dal soffocamento. Nel frattempo, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato un “disegno coordinato di interventi” per “rinnovare il sistema dell’esecuzione penale in modo da coniugare la certezza della pena con l’efficacia dei percorsi di reinserimento sociale dei detenuti e garantire un impatto positivo sulla sicurezza e la coesione sociale”, ha detto il ministro.

L’impennata dei suicidi, ha rilevato Stefano Anastasia, Garante per i detenuti del Lazio, è da “attribuire a diversi fattori: “È difficile individuarli, perché bisogna tenere conto delle cause personali e individuali in questo genere di episodi. Ma sicuramente influiscono il sovraffollamento – persone costrette in due o tre in uno spazio pensato per uno – e la chiusura e l’abbandono in carcere. Teniamo presente che dalla fine dell’anno scorso sono state tagliate le telefonate straordinarie che erano consentite durante il periodo Covid, quando i detenuti potevano parlare con le loro famiglie anche 4 o 5 volte alla settimana. Ora possono parlare al telefono solo una volta alla settimana per 10 minuti. E questo sulla vita quotidiana in carcere pesa”.

Il regolamento prima del Covid prevedeva appunto soltanto una telefonata alla settimana di dieci minuti. Durante la pandemia in alcuni istituti era permessa anche una telefonata a casa al giorno. L’anno scorso si è poi deciso di tornare alla situazione pre-Covid, e nonostante le pesanti critiche di Garanti e associazioni l’amministrazione penitenziaria è stata irremovibile.

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