L’abolizione del reato passa con 199 voti a favore, 102 voti contrari e nessun astenuto. Il ddl modifica l’ordinamento giudiziario.
Roma – La Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il ddl Nordio con 199 voti a favore, 102 voti contrari e nessun astenuto. Il disegno di legge apporta modifiche sostanziali all’ordinamento giudiziario. Qualche giorno fa era stata approvata la cancellazione dell’abuso di ufficio, definito dal Guardasigilli un “reato evanescente, che serve soltanto a intimidire i pubblici amministratori. Su circa 5 mila procedimenti pendenti in un anno le condanne si contano sulle dita di una mano, peraltro condanne collegate con reati connessi”.
Nel provvedimento sono previsti anche limiti alla pubblicazione delle intercettazioni da parte dei giornalisti, l’aumento delle pene minime per il traffico di influenze e l’impossibilità per i PM di appellarsi alle assoluzioni per reati di “contenuta gravità”. Presente nel testo anche l’obbligo di includere nell’informazione di garanzia una “descrizione sommaria del fatto”, a oggi non prevista. Il testo, che prende il nome del ministro della Giustizia Carlo Nordio, apporta una serie di modifiche sostanziali all’ordinamento giudiziario, in particolare al Codice Penale e a quello di procedura. Dall’abolizione dell’abuso d’ufficio, considerata una norma chiave dal Governo Meloni, all’ampliamento dei divieti per i giornalisti in materia di intercettazioni, ecco le novità previste dalla riforma.
La più importante è certamente la cancellazione dell’articolo 323 del codice penale, relativo all’abuso di ufficio, già approvata dalla Camera qualche giorno fa. “Penso che la grandissima parte degli amministratori, che magari hanno votato contro l’abolizione in ossequio a un ordine di scuderia, siano contenti e magari quando sarà approvata questa riforma apriranno una bottiglia di spumante”, ha dichiarato il ministro della Giustizia la scorsa settimana. “I dati in nostro possesso ci dicono che, su circa 5 mila procedimenti pendenti in un anno le condanne si contano sulle dita di una mano, peraltro condanne collegate con reati connessi”, ha dichiarato sempre il ministro della Giustizia. A suo dire, quindi, siamo in presenza di un “reato evanescente che serve soltanto a intimidire i pubblici amministratori che, come conseguenza, vedono la loro carriera politica e la vita stessa travolte, con danni irreparabili alla reputazione”.
Viene inoltre limitato a condotte particolarmente gravi il traffico di influenze, di cui aumenta la pena minima, che passa da un anno a un anno e sei mesi: le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere utilizzate e non vantate, mentre l’utilità data o promessa in alternativa al denaro è solo economica. Novità anche per i giornalisti, che potranno pubblicare solo le intercettazioni il cui contenuto sia “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento“. I pm e i giudici dovranno stralciare dai brogliacci e dai loro provvedimenti i riferimenti alle persone terze estranee alle indagini. Anche questa norma ha avuto l’ok dalla Camera.
Sparirà poi per le sentenze di assoluzione che riguardano reati di “contenuta gravità” la possobilità di ricorrere in appello per l’accusa. Una strada già tentata in passato con la riforma Pecorella bocciata dalla Corte costituzionale. Potranno essere impugnate dal pm invece le assoluzioni per i reati più gravi, compresi quelli del Codice Rosso. Sarà un collegio di tre giudici, non più un solo magistrato, a decidere, durante le indagini, l’applicazione della custodia cautelare in carcere. E prima di esprimersi dovranno interrogare l’indagato, tranne se ricorre il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o se si tratta di reati gravi commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale.
L’informazione di garanzia dovrà obbligatoriamente contenere una “descrizione sommaria del fatto”, oggi non prevista. E la notificazione dovrà avvenire con modalità che tutelino l’indagato. In merito all’abrogazione dell’abuso di ufficio ha fatto molto discutere la contemporanea reintroduzione del reato di peculato per distrazione all’interno del decreto svuotacarceri, che alcuni hanno visto come alternativa all’abuso di ufficio. Il nuovo reato prevede che “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.
Sul tema si è espresso anche il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Giuseppe Santalucia: “La cosa che colpisce è che si abroga il reato di abuso d’ufficio e se ne introduce un altro, con decreto legge, che è il vecchio peculato per distrazione. Segno tangibile di una scelta infelice. Si corre ai ripari con un provvedimento normativo d’urgenza per introdurre una pezza per colmare quei vuoti di tutela che saranno creati dall’imminente abrogazione dell’abuso”.