La Corte di Giustizia europea censura la posizione dominante di Fifa e Uefa aprendo di fatto alla nascita di nuove competizioni continentali.
Il calcio europeo ha festeggiato il Capodanno in anticipo con un botto talmente potente da rischiare di far venir giù l’albero e travolgere tutti i regali già accumulati. La sentenza della Corte di Giustizia europea senza giri di parole ha chiuso l’epoca monopolistica di Uefa e Fifa, unici organismi fino a ieri deputati ad organizzare tornei continentali (Champions, Europa League e Conference League) e legittimati ad escludere o sanzionare quei club che avessero avuto l’intenzione di prendere parte a tornei alternativi nati al di fuori della sua egida.
La sentenza è a tutti gli effetti rivoluzionaria e traghetta il sistema calcio in una nuova dimensione, certamente più moderna, non necessariamente migliore di quella precedente, che già non brillava per meritocrazia e spirito sportivo. La cosa potrebbe lasciare indifferenti se non fosse per la dimensione economica assunta dal pallone, soltanto in Italia un settore con ricavi diretti totali di 5 miliardi di euro e un impatto sul PIL stimato in oltre 11,1 miliardi di euro, oltre a quasi 126.000 posti di lavoro attivati. La contribuzione fiscale e previdenziale del calcio di vertice (Serie A, B e C) nel 2020 ha superato gli 1,3 miliardi di euro.
Numeri che obbligano ad affrontare la questione senza spocchia. Cosa può succedere adesso? Ancora troppe le variabili sul tavolo per poter tratteggiare con certezza il calcio prossimo venturo. Di certo però la pronuncia dei giudici ha permesso alla A22Sport, la società che gestisce il progetto Superlega, di uscire allo scoperto e proporre il suo format: 64 squadre maschili (32 quelle femminili) divise in tre leghe: Star, Gold e Blue. Le leghe Star e Gold avranno 16 squadre ciascuna, mentre la lega Blue 32. Nessuna società avrà il diritto di restarci in modo permanente, ma tutto sarà basato sui risultati e meriti sportivi. Con la grande novità che interessa tutti i tifosi: una piattaforma streaming completamente gratuita.
Ora la palla passa i club, che potranno liberamente scegliere, senza più temere sanzioni dalla Uefa, a quale competizione prendere parte. Una buona regola investigativa suggerisce di seguire i soldi (follow the money) nel tentativo di giungere alla verità. Anche il calcio segue questo comandamento. Il primo progetto di una competizione continentale alternativa alla Champions targata Uefa, nasce proprio sull’onda dell’insoddisfazione di alcune grandi squadre europee riguardo la reddittività del giocattolo calcio e la distribuzione dei diritti televisivi. Sostenevano che un torneo riservato ai grandi club, impegnati a incontrasi tra loro più volte l’anno, avrebbe garantito uno spettacolo con appeal superiore in grado di essere venduto (diritti televisivi) a prezzi decisamente superiori. Insomma lamentavano i ricchi di doversi incontrare anche con i poveri e per questo impossibilitati a diventare ancora più ricchi.
Presentata nottetempo nell’aprile del 2021 come una congiura ordita dai club ricchi alle spalle della Uefa, la Superlega si conquistò da subito lo stigma del club privé calcistico dal quale risultava espulso il merito sportivo, caposaldo di uno sport che non potrà mai essere ridotto a mero business, fondato invece su appartenenze territoriali difficilmente, e per fortuna, eradicabili, e fedi calcistiche tramandate di generazione in generazione. Il giocattolo funziona fino a quando anche il tifoso di una realtà sportiva medio-piccola può sognare per la propria squadra l’approdo a palcoscenici prestigiosi, non in ragione del blasone o del bacino d’utenza televisivo, ma soltanto del merito sportivo, quello che si conquista in campo e soltanto lì.
La Superlega di due anni fa somigliava troppo ad un club ad inviti per soli milionari senza retrocessioni e promozioni, per passare al vaglio dei tifosi, che infatti insorsero obbligando la maggioranza dei rispettivi club scissionisti a tornare sui loro passi. E contemporaneamente regalarono alla Uefa la possibilità di recitare il nobile ruolo di araldo di uno sport ancora puro dove ognuno può ambire alla vittoria finale.
Anche prima che arrivasse lo spauracchio Superlega, non era già più così da lunga pezza. Fifa e Uefa avevano già spalancato le porte del tempio ai mercanti (mondiale invernale l’anno scorso a Doha per intercettare i petrodollari, la proliferazione delle coppe europee e dei rispettivi calendari a discapito dei campionati nazionali) giusto per sottolineare che in questa storia, a parte gli appassionati di calcio, di buoni non ne esistono.
Il nuovo format della Superlega ha fatto tesoro delle criticità emerse due anni fa e oggi si presenta più inclusivo, soprattutto collegato ai rispettivi campionati nazionali dai quali possono approdare in Europa i più meritevoli dell’annata precedente. Anche così la maggior parte dei tifosi sembra rimanere ostile al progetto, come parecchi club che hanno già fatto sapere di non voler prendere in considerazione l’offerta. Tutto dipenderà da quando e come il nuovo format sarà in grado di decollare e di quali ricavi potranno giovarsi le eventuali partecipanti. Comunque vada a finire, l’era che si è aperta con la sentenza della Corte europea è quella del business, del pallone un po’ meno sport e molto più spettacolo. Non che fino a ieri non fosse così ma adesso il calcio è uscito ufficialmente dall’età dell’innocenza.