Le misure al centro della riunione al Ministero della Salute. Forte spinta sul protocollo vaccinale a difesa del comparto.
Roma – Un piano d’azione mirato contro l’influenza aviaria, considerata l’escalation delle ultime settimane con 54 focolai attivi nel Nord Italia, e la messa in atto di un piano vaccinale specifico, fortemente sostenuto dalla Confederazione. Questi i risultati della riunione in materia al Ministero della Salute con tutti gli attori della filiera avicola, in primis Cia-Agricoltori Italiani. L’influenza aviaria rappresenta una minaccia crescente e rischia di mettere in pericolo un settore che vale oltre 7 miliardi di euro in Italia (5,3 miliardi per le carni e 2 miliardi per le uova), conta 64.000 addetti ed è totalmente autosufficiente (al 105,5%).
Per questo, Cia ha chiesto da subito l’attuazione di provvedimenti concreti e tempestivi per proteggere gli allevamenti e garantire la sicurezza alimentare, proponendo soprattutto l’avvio di un piano vaccinale nazionale. “Si tratta di una misura fondamentale per difendere il nostro patrimonio zootecnico e garantire la sostenibilità del comparto avicolo – ha detto il presidente di Cia, Cristiano Fini-. Un intervento preventivo che deve affiancare e integrare le rigorose misure di biosicurezza negli allevamenti”.
Nel dettaglio, il piano d’azione concordato includerà una serie di interventi coordinati tra autorità sanitarie, operatori del settore e organizzazioni di categoria, con l’obiettivo di contenere l’influenza aviaria e garantire un intervento rapido in caso di focolai. Quanto al piano vaccinale, prevederà una stretta collaborazione con gli enti preposti alla salute animale e alle politiche veterinarie, con una particolare attenzione alla formazione degli allevatori e alla gestione dei rischi sanitari da parte del Centro di referenza nazionale. Oggi – ha commentato Fini – possiamo dire che stiamo facendo un passo importante verso la protezione degli allevamenti e la salvaguardia della salute pubblica”.
Nel nostro Paese si contano ormai 53 focolai: di questi, 24 sono concentrati in Veneto, in particolare nella provincia di Verona, mentre i restanti sono in Lombardia, prevalentemente nella provincia di Mantova. L’ultima segnalazione è stata in un allevamento di 800mila galline ovaiole a Vigasio, nel Veronese, ma si sono registrati casi anche in Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna. L’H5N1, ricorda l’Oms, è un virus che non si trasmette facilmente all’uomo: in ogni caso, il contagio può avvenire solo dopo contatto diretto con animali infetti vivi o morti e con le loro escrezioni, mentre non c’è alcun rischio di trasmissione attraverso il consumo di carni avicole o uova.
I primi provvedimenti per contenere i focolai negli allevamenti sono già scattati: milioni di capi sono stati abbattuti e sono state istituite le Zur, Zone di ulteriore restrizione, dove viene imposto il blocco delle attività di ripopolamento. Visto l’aumento esponenziale dei focolai negli allevamenti, l’assessore all’Agricoltura del Veneto, Federico Caner, ha scritto al ministro Francesco Lollobrigida per segnalare la grave situazione in cui versa il settore avicolo, che solo nella regione coinvolge quasi 6.300 aziende per un fatturato di 700 milioni di euro e una produzione di pollame pari al 30% del totale nazionale. Per sostenere le imprese, anche in previsione di un allargamento del fenomeno, Caner ha chiesto al Masaf di attivare le procedure stabilite dal regolamento Ue 1308/2013, che prevedono i ristori per i danni indiretti dovuti al blocco dell’attività imposto dalle autorità sanitarie.