Assolti i fratelli “antiracket” Diana: erano accusati di collusione col clan Zagaria

Si chiude un’odissea giudiziaria: il fatto non sussiste, avevano perso il padre Mario Diana vittima innocente della criminalità organizzata.

Napoli – Una lunga odissea giudiziaria subita da due fratelli già vessati dalla vita per aver perso il padre, Mario Diana, vittima innocente della criminalità organizzata. Poi, tragedia su tragedia, Antonio e Nicola Diana erano finiti sotto processo a Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, in particolare alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi. Il tribunale, presieduto dal presidente Luciana Crisci, ha messo la parola fine al calvario giudiziario, durato ben cinque anni, fondato esclusivamente sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Infatti nei loro confronti c’è stata assoluzione con formula piena, perché “il fatto non sussiste”.

I fratelli Diana furono arrestati il 15 gennaio 2019 e le loro aziende vennero furono sequestrate. “Nonostante la Cassazione avesse annullato questi provvedimenti cautelari – spiegano gli avvocati Claudio Botti e Carlo De Stavola, difensori dei fratelli Diana – gli imprenditori sono stati costretti a subire questa odissea giudiziaria durata cinque anni”.  All’inizio dello scorso mese di aprile la Procura antimafia di Napoli ha chiesto sette anni e mezzo di carcere per i due imprenditori ai quali si contestava di essere legati alla fazione Zagaria del clan dei casalesi.

Antonio e Nicola dopo la morte del padre si erano adoperati nella lotta alle mafie: da qui il paradosso perché la Dda, sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, aveva giudicato questa attività una sorta di paravento. I due imprenditori a margine della formula assolutoria hanno tirato un sospiro di sollievo affermando: “È la fine di un lungo calvario, non abbiamo mai perso fiducia nella giustizia così come successe con la tragedia di papà”. Nella sua requisitoria il sostituto procuratore Fabrizio Vanorio della Dda partenopea aveva richiesto 7 anni e 6 mesi di reclusione per i due. 

Secondo la ricostruzione del magistrato antimafia, c’era un legame tra il mondo dell’imprenditoria di Antonio e Nicola Diana e la fazione Zagaria del clan dei Casalesi. Il patto criminale stretto col clan avrebbe consentito agli imprenditori di godere di una protezione e di una tranquillità operativa tali da permettere agli stessi di raggiungere, nell’area territoriale di competenza del clan, una posizione imprenditoriale privilegiata. In cambio, secondo le risultanze investigative, il clan avrebbe ottenuto dai Diana “prestazioni di servizi e utilità”, quali il cambio assegni e la consegna sistematica di cospicue somme di denaro, necessarie ad alimentare le casse dell’organizzazione camorristica riconducibile a Michele Zagaria.

I fratelli Diana

Secondo l’accusa, il patto criminale stretto col clan avrebbe consentito agli imprenditori di godere di una protezione e di una tranquillità operativa tali da permettere agli stessi di raggiungere, nell’area territoriale di competenza del clan, una posizione imprenditoriale privilegiata. In cambio il clan avrebbe ottenuto dai Diana prestazioni di servizi e utilità, quali il cambio assegni e la consegna sistematica di cospicue somme di denaro, necessarie ad alimentare le casse dell’organizzazione camorristica riconducibile a Michele Zagaria. Uno scenario di compiacenza e contiguità che sarebbe andato avanti sin dagli anni ’90. I due imputati hanno sempre negato le accuse, definendosi vittime del clan.

Scarcerati dopo quattro mesi trascorsi ai domiciliari, nel settembre 2019, il Tribunale del Riesame ordinò anche il dissequestro dei beni dei Diana, tra cui società di produzione e lavorazione materiali plastici (come Erreplast e Sri), società immobiliari, ditte di imballaggi, esercizi commerciali, società di vendita veicoli industriali, società agricole, dislocate nell’agro aversano, nel centro cittadino casertano e nelle città di Napoli e Milano. E oggi arriva l’assoluzione.

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