Assange, Londra concede un nuovo appello contro l’estradizione negli Usa

In America il giornalista australiano rischierebbe una condanna a 175 anni di carcere per aver pubblicato migliaia di documenti riservati del Pentagono.

Londra – Julian Assange, il giornalista australiano cofondatore di Wikileaks, diventato il nemico numero uno dell’amministrazione americana per aver pubblicato a partire dal 2010 circa 700.000 documenti riservati – autentici e non privi di rivelazioni imbarazzanti, anche su crimini di guerra commessi fra Iraq e Afghanistan – sottratti al Pentagono o al Dipartimento di Stato, potrebbe ancora evitare di esser estradato dall’Inghilterra negli Usa.

L’Alta Corte di Londra ha infatti dato il via libera all’istanza della difesa del giornalista per un ulteriore, estremo appello di fronte alla giustizia britannica contro la consegna alle autorità a stelle e strisce. I giudici di secondo grado hanno fissato il nuovo appello per maggio, giudicando non infondate le argomentazioni della difesa sui timori per la vita di Assange. A meno che, come si legge nel dispositivo, nelle prossime tre settimane le autorità americane e britanniche non siano in grado di produrre “rassicurazioni” ulteriori e più affidabili in materia.

Rassicurazioni che dovrebbero garantire all’imputato la possibilità di appellarsi al Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti sulla tutela della libertà di espressione, oltre alla garanzia di non venire condannato a morte. Assange ha quindi ancora una carta da giocarsi per evitare quello che la sua difesa considera “una persecuzione contro la legittima attività giornalistica” e il rischio di una serie di diritti negati davanti alla giustizia americana, con l’incubo di una condanna fino a 175 anni di carcere.

A preoccupare sono soprattutto le condizioni di salute di Assange, provato dagli ultimi cinque anni di reclusione preventiva nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh, seguiti ai sette da rifugiato nella clausura murata di una stanza dell’ambasciata dell’Ecuador nella capitale britannica. La moglie dell’attivista è convinta che non riuscirebbe a sopravvivere alle condizioni di detenzione in una cella americana.

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