Assalto a Capitol Hill: il giudice sospende il caso contro Donald Trump 

Un atto legato alla consolidata prassi del Dipartimento di Giustizia secondo cui un presidente in carica non può essere perseguito.

New York – Tanya Chutkan, il giudice che supervisiona il caso contro Donald Trump per l’assalto a Capitol Hill, ha accolto la richiesta del procuratore speciale Jack Smith di sospendere le procedure in corso e ha annullato tutte le scadenze pendenti nella fase pre-processuale. Un passo legato alla consolidata prassi del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti secondo cui un presidente in carica non può essere perseguito. Era il 6 gennaio del 2021 quando dalla manifestazione “Save America March” (“Marcia per salvare l’America”) partì l’assalto al palazzo del Campidoglio, per occupare la sede del Congresso americano e impedire la proclamazione di Joe Biden a 46esimo Presidente degli Stati Uniti. A distanza di oltre tre anni, non c’è una verità processuale.

Una protesta che era stata alimentata sui social su presunti brogli elettorali. La rivolta tenne l’America col fiato sospeso per sette ore, dalle 13 alle 20. In Italia erano le due di notte, quando il gruppo degli assalitori cominciò a scalare i muri esterni del palazzo del Congresso e a occuparne le terrazze. Poi, sfondando porte e finestre, i manifestanti riuscirono a fare irruzione nell’edificio e a raggiungere le aule dove erano riuniti i parlamentari, evacuati in tutta fretta. Tutto l’attacco venne documentato sui social. Su tutti i manifestanti, spiccava un uomo soprannominato “lo sciamano”, con il volto dipinto, un copricapo con pelo e le corna, a petto nudo e una lancia con la bandiera degli Stati Uniti. Divenne il simbolo della protesta.

Giudice sospende caso contro Trump per assalto a Capitol Hill

Intanto il Dipartimento ha anche reso note le accuse penali relative a un complotto iraniano sventato dall’Fbi. Il complotto aveva come obiettivo l’omicidio di Donald Trump prima delle elezioni presidenziali. Negli atti desecretati della denuncia penale, depositata presso il tribunale federale di Manhattan, si sostiene che un non meglio precisato dirigente della Guardia Rivoluzionaria iraniana incaricò a settembre un contatto, identificato come Farjad Shakeri, di elaborare un piano per sorvegliare e infine uccidere Trump. “Il dipartimento ha incriminato un associato del regime iraniano a cui è stato ordinato di coordinare una rete criminale per condurre omicidi su commissione contro diversi bersagli negli Stati Uniti, tra cui anche il presidente eletto Donald Trump”, ha detto il procuratore generale, Merrick Garland.

L’Iran ha definito “totalmente infondate” le accuse contro Teheran. “Il portavoce del Ministero degli Esteri, Esmaïl Baghaï – si legge in un comunicato – considera del tutto infondate e respinge le accuse secondo cui l’Iran sarebbe coinvolto in un tentativo di omicidio contro ex o attuali funzionari americani”. Stando agli atti giudiziari, Shakeri sarebbe arrivato negli Stati Uniti da bambino, per poi essere deportato intorno al 2008 dopo avere speso 14 anni di prigione per rapina. Negli ultimi mesi, l’uomo avrebbe sfruttato una rete di “associati criminali” che avrebbe conosciuto in galera, per fornire alle Irgc personale per “condurre sorveglianza e omicidi” contro bersagli negli Stati Uniti.

L’assalto a Capitol Hill

Il 7 ottobre, anniversario dell’attacco sferrato da Hamas contro Israele lo scorso anno, le autorità iraniane avrebbero ordinato a Shakeri di preparare un piano per assassinare Trump, mentre era ancora in corso la sua campagna elettorale. L’uomo avrebbe confessato di non avere fornito un piano entro la scadenza fornitagli. Il Dipartimento di Giustizia ha comunicato di aver incriminato in tutto tre persone per il coinvolgimento nel presunto complotto organizzato dall’Iran volto ad assassinare diverse persone negli Stati Uniti, oltre al presidente eletto. Shakeri rimane latitante, e il dipartimento ha aggiunto di credere che sia residente in Iran.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa