Dopo lo scandalo e la partenza del vescovo verso il monastero della setta si sono perdute le tracce. Il santone, ospite della canonica, si sarebbe spacciato per sacerdote ma non solo.
Ascoli Piceno – Non c’è pace per la Chiesa cattolica, martoriata da scandali e corruzione. I vescovi cadono come birilli e non solo per vicende finanziarie. Mentre continua la saga giudiziaria, che coinvolge i vertici della segreteria di Stato Vaticana, con tanto di femme fatale, nella profonda provincia marchigiana, spesso ancora bigotta e superstiziosa, salta un altro porporato, il vescovo di Ascoli Piceno monsignor Giovanni D’Ercole: “…Una scelta sofferta ma libera – racconta in un video il prelato – in un momento difficile come questo, sento il bisogno di dedicarmi alla preghiera. Entro in un monastero…” .
Nella Curia ascolana, invece, corrono voci di dimissioni ben poco spontanee, legate ad una torbida vicenda sulla setta Amarlis, guidata dal santone Christian Del Vecchio. La vicenda inizia nel 2017 quando vengono pubblicati dal Corriere della Sera alcuni articoli di Fabrizio Peronaci che denunciano la preoccupazione dei fedeli in merito alle attività della setta, ospitata addirittura nella canonica di Quinzano di Force in provincia di Ascoli.
Del Vecchio andava in giro promettendo la guarigione dei malati di cancro, con l’olio che colava dalle sue mani seguito dall’immagine della Santa Vergine che appariva nel giardino antistante la canonica spargendo tutt’intorno un intenso profumo di rose. Il santone, come se non bastasse la commedia, pubblicava in rete l’Iban per raccogliere fondi. Tutto ciò si sarebbe consumato con il silenzio-assenso dell’ex vescovo D’Ercole.
Per sedare le voci intorno agli accadimenti sospetti la Chiesa locale svolgeva indagini su Amarlis, senza riscontrare illeciti nella condotta del santone. Solo successivamente, dopo l’inchiesta “seria” svolta da un plenipotenziario del Pontefice, si è scoperto che l’indagine precedente era stata condotta solo da una persona – e non da una commissione come da regolamento ecclesiastico – il parroco di Cupra Marittima, don Alberto Moriconi, il quale non si preoccupava nemmeno di sentire le presunte vittime, limitandosi ad ascoltare il parere degli adepti di Del Vecchio. E così nell’ottobre scorso la setta viene fatta sloggiare dalla canonica.
La decisione era nell’aria da tempo, dopo che in Vaticano giungevano foto compromettenti del santone nelle quali si vede che l’uomo vestito da sacerdote, con tanto di tonaca, e un selfie scattato a Lourdes con l’attrice Adua Del Vesco, concorrente del Grande Fratello Vip. Nel giardino dove avvenivano le presunte apparizioni il giornalista Peronaci scopre ben nascoste delle essenze profumate che servivano a profumare l’aria di rose per rendere mistica la messinscena. Lo stesso don Alberto, riferiscono fonti ecclesiastiche anonime, pare fosse consumatore di cocaina. Mica di tisane al gelsomino o alla verbena.
Fino a qui la vicenda terrena, che potrebbe avere anche un seguito giudiziario, ma sembra esserci anche un risvolto diciamo ultraterreno. Sono le stesse fonti vicine alla Santa Sede a riferire che il Vaticano pare ritenga Christian Del Vecchio posseduto dal Maligno. Dieci anni fa, infatti, il santone si denudava in Piazza San Pietro al passaggio di Benedetto XVI, contenuto a fatica dai servizi di sicurezza, palesemente in stato confusionale.
Nel giardino della canonica, concessa al santone, venivano rinvenute statue della Madonna abbandonate alle intemperie. Il posseduto da Belzebù, in pratica, si faceva schermo con simboli religiosi amatissimi dai fedeli mariani come una riproduzione a grandezza naturale della Vergine Immacolata. Addirittura riferiscono fonti bene informate che Del Vecchio sarebbe stato vittima di visioni e manifestazioni di fenomeni trascendentali come trasudazione e formazione di stimmate.
L’incaricato del Pontefice poneva contestazioni “teologiche” al vescovo dimissionario che avrebbe omesso di riferire dei “poteri” di Del Vecchio. Poteri probabilmente effettivi ma negativi, frutto di possessione demoniaca. L’uomo praticava il male e non il bene ed era orientato verso l’illegalità e il crimine, come la raccolta truffaldina di denaro per fedeli creduloni e, secondo alcuni, il presunto consumo di stupefacenti. Un ringraziamento a Fabrizio Peronaci e al suo gruppo di Giornalismo Investigativo per avermi supportato nella ricostruzione della vicenda.
RETTIFICA
Nel corpo dell’articolo dal titolo “LA SETTA E IL SUO SANTONE INDEMONIATO FANNO SALTARE IL VESCOVO” del 15 novembre 2020 ho scritto per mero errore il seguente paragrafo “…Lo stesso don Alberto, riferiscono fonti ecclesiastiche anonime, pare fosse consumatore di cocaina. Mica di tisane al gelsomino o alla verbena…”. Ovviamente non si tratta del parroco di Cupra Marittima don Alberto Morriconi, come da me indicato per errata trascrizione sulla piattaforma di servizio, ma di un soggetto terzo. Colgo l’occasione per porgere le scuse a don Morriconi e alla redazione medesima per l’increscioso inconveniente.
Giuseppe Folchini
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