Nelle motivazioni alla sentenza che ha condannato l’ex factotum a tre anni di reclusione, il giudice evidenzia la “potente opera di suggestione” subita dall’anziana diva.
Roma – Andrea Piazzolla già a partire dal 2010 sviluppò con Gina Lollobrigida “e via via più significativamente, fino alla situazione di convivenza sotto lo stesso tetto protrattasi fino al decesso della persona offesa, un rapporto molto stretto, quotidiano, prolungato ed esteso a ogni ambito della vita di quest’ultima”. Un’opera “consistita nella costruzione e nel progressivo rafforzamento ai suoi occhi della propria immagine come quella del suo unico protettore e amico, del suo angelo custode, dell’unico possibile baluardo e sostegno contro i nemici”.
Nelle motivazioni alla sentenza che nel novembre 2023 ha condannato a tre anni di carcere l’ex collaboratore di Gina Lollobrigida, Andrea Piazzolla, il giudice Marco Marocchi ricostruisce il modus operandi dell’imputato finalizzato secondo l’accusa a porre in essere in danno dell’attrice “un’articolata e potente opera di suggestione e di induzione sfociata nella nomina ad amministratore unico” di una società, “nella delega a operare su tutti i conti correnti e nell’ampio mandato fiduciario ad amministrare e implementare il suo patrimonio attraverso la compravendita e la locazione finanziaria di veicoli e gli altri investimenti che avesse reputato profittevoli”.
“Dal complesso degli elementi di prova raccolti in ordine ai rapporti personali ed economici intercorsi fra la persona offesa e l’imputato – si legge nelle motivazioni – emerge con chiarezza l’assoluta irrazionalità degli atti di disposizione patrimoniale posti in essere dalla prima in favore del secondo”. Il giudice evidenzia inoltre come Piazzola abbia indotto l’attrice “a compiere in favore suo e dei suoi genitori, senza la prescritta forma dell’atto notarile alla presenza di due testimoni, importanti donazioni di denaro del tutto sproporzionate ai meriti ricompensati (ora inesistenti e del tutto artificiosamente prospettatile, ora in realtà molto inferiori a quanto percepito dall’artista) determinanti un progressivo, significativo assottigliamento della sua ricchezza mobiliare ed effettuate senza curarsi dell’adempimento di obbligazioni contratte verso terzi per importi elevatissimi, nonché ad affidargli la gestione dell’intero suo patrimonio senza svolgere alcun effettivo controllo sulla bontà e convenienza delle operazioni compiute”.
Nel novembre scorso il giudice, oltre a condannare Piazzolla a tre anni di reclusione, aveva stabilito per l’ex collaboratore anche una multa di mille euro e il sequestro dei suoi beni mobili e immobili, oltre ad una provvisionale immediatamente esecutiva di mezzo milione di euro a favore delle parti civili.