Sequestrati beni e valori per 620.000 euro nei confronti di un amministratore di sostegno, che nel corso degli anni si sarebbe illegittimamente appropriato dei beni dei propri assistiti.
Cagliari – L’amministratore ha svolto la sua attività di tutore su nomina del giudice tutelare del tribunale della città sarda, in un arco temporale compreso tra il 2012 ed il 2020, nei confronti di 40 soggetti, tutti assolutamente ignari di tale condotta del professionista. Le attività investigative delegate dalla procura sono consistite principalmente nell’acquisizione della numerosa documentazione bancaria sia dei soggetti amministrati che dell’indagato, nell’acquisizione di sommarie informazioni nei confronti di soggetti prestatori d’opera e di beni non riconducibili alle esigenze effettive degli amministrati, oltre che nell’esame dei diversi fascicoli personali dei soggetti tutorati dall’indagato.
Al professionista sono stati contestati i reati di peculato (art. 314 c.p.) e di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale (art.479 c.p.), in quanto, nell’espletamento dell’incarico e inducendo in errore il giudice tutelare, mediante anche la produzione di documenti falsi e l’omissione di informazioni rilevanti e obbligatorie, avrebbe distratto, a proprio vantaggio, dai conti correnti degli assistiti somme per oltre 620.000 euro.
Infatti, l’analisi dei numerosi conti correnti ha consentito di rilevare operazioni bancarie sospette sia con riferimento ai beneficiari, che si ripetevano continuamente, sia con riferimento alle causali che apparivano, da un’attenta analisi, non attinenti alla gestione degli amministrati. Le stesse, grazie al riscontro effettuato sui singoli IBAN di destinazione, hanno consentito di risalire agli effettivi beneficiari delle operazioni e quindi di tracciare l’effettiva destinazione delle somme di denaro in uscita dai conti degli amministrati.
Le attività bancarie disposte dall’indagato si caratterizzavano per il costante uso dell’internet banking attraverso la predisposizione di bonifici che avrebbero simulato operazioni fittizie apparentemente riconducibili agli amministrati. Non sono poi mancati anche i prelievi in contante effettuati senza giustificazione: in tal modo, nel corso degli anni, l’indagato avrebbe utilizzato i depositi dei propri assistiti per alimentare due suoi conti correnti, acquistare beni voluttuari di lusso, saldare prestazioni d’opera o acquistare di beni relativi alla ristrutturazione del suo immobile, estinguere proprie posizioni debitorie, ricaricare una carta di credito utilizzata per le sue spese personali e saldare, attraverso pagamenti F24, tributi vari personali o riconducibili a suoi congiunti.
Si specifica infine che l’indagato è da ritenersi innocente sino a condanna passata in giudicato, in applicazione del principio di non colpevolezza costituzionalizzato e in attuazione della recente normativa.