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Ambulanze senza medico, ormai è emergenza: in Italia ne mancano 716

Balzanelli (SEU): “Solo 1 su 3 ha il medico a bordo”. Ugl: “Problema da risolvere nel breve periodo”.

Roma – Un medico all’interno di un’ambulanza con a bordo un paziente grave può fare la differenza. Addirittura ci sono il 30% in più di possibilità di sopravvivenza nei casi più a rischio.  Eppure solo una provincia italiana su tre può contare su ambulanze in grado di svolgere il servizio nei tempi previsti e con un medico a bordo. Per avere un servizio davvero funzionante ne servirebbero almeno altre 716 a livello nazionale. Sono queste le stime del Sistema di emergenza urgenza 118, che punta il dito su una carenza ormai ben nota e preoccupante della sanità italiana, ma di cui pochi sembrano rendersi conto.

Lo studio è stato condotto prendendo in esame tutte le province italiane, suddivise per regione e considerandone numero abitanti, estensione in chilometri quadrati, densità abitativa, numero di Comuni. L’ipotesi iniziale – spiega il presidente di Sistema emergenza urgenza 118 Mario Balzanelli – era di dotare ciascuna provincia di un mezzo di soccorso con medico a bordo ogni 60.000 abitanti e di un mezzo con infermiere a bordo ogni 30.000 abitanti: alla luce di questi elementi emerge un fabbisogno pari a 1.028 ambulanze con medico a bordo e 2.017 con infermieri a bordo. Considerando, poi, che per garantire il servizio h24, 7 giorni su 7, sarebbero necessari 6 medici e 6 infermieri per le ambulanze con medico a bordo e di 6 infermieri per le altre, si arriva a prevedere una dotazione organica minima in Italia di 6.168 medici e 18.270 infermieri”.

Su questa base l’analisi ha quindi considerato i tempi di percorrenza dei mezzi di soccorso, su un territorio disomogeneo come quello italiano dal punto di vista geografico (il 42% è montuoso, il 40% collinare e il 18% pianeggiante), sia dal punto di vista demografico (si va dai 35 abitanti per chilometro quadrato a Nuoro ai quasi 2.000 di Milano). Si è stabilito quindi in 8 minuti il massimo del tempo che deve trascorrere dal momento della chiamata all’arrivo per i codici rossi e gialli, con una velocità media di percorrenza di 60 chilometri orari.

Alla luce di questi fattori, emerge che solo il 33% delle province italiane ha un’adeguata copertura tempo dipendente da parte di un team medicalizzato, mentre solo il 67% sarebbe servito nei tempi imposti dal legislatore da un team infermierizzato. Di conseguenza, per poter garantire il corretto e tempestivo soccorso, le 1.028 ambulanze con medico a bordo dovrebbero aumentare di 716 unità, per un totale di 1.744; le 2.017 con infermieri a bordo dovrebbero aumentare di 354 per un totale di 2.371. L’organico dei medici dovrebbe essere di 10.464 e quello degli infermieri pari a 24.690.

Ma non è tutto. Secondo Balzanelli, “È importante ricordare il rischio oggettivo a cui vanno incontro gli operatori del 118. Andando ad alta velocità per fare presto e salvare una vita in più. Siamo oggettivamente esposti a un rischio ambientale e a rischi anche mortali, come dimostra in tutta la sua drammaticità l’incidente che è avvenuto a Urbino gli ultimi giorni di dicembre tra un bus e un’ambulanza. Morti i quattro occupanti del mezzo sanitario. Tutto questo deve essere riconosciuto sul piano di un’indennità specifica di rischio ambientale“, che è già stata peraltro sollecitata a diversi governi ma senza esito.

In Italia purtroppo non esiste una legge che regolamenti la presenza del medico a bordo. Chi riceve la telefonata dalla Centrale operativa decide se inviare un medico in base alla gravità che rileva.  A complicare davvero le cose non è soltanto il vuoto legislativo, ma anche la carenza di investimenti nel settore. Nonostante il suo ruolo insostituibile, infatti, il 118 è la Cenerentola del servizio sanitario, vittima di smantellamenti e tagli continui.  Le carenze riguardano, come detto, tutte le province italiane, nessuna esclusa. La situazione è peggiore al Nord. Al Sud, invece, i mezzi di soccorso hanno il personale sanitario, ma troppo spesso arrivano in ritardo perché le ambulanze sono poche. A Torino, ad esempio, la situazione è in generale drammatica, tra pochi medici per il soccorso avanzato e volontari che “scappano” dalle ambulanze. Senza contare aggressioni e costi in aumento. Da metà gennaio, nella città di Napoli, il numero di ambulanze con medico a bordo è scesa da 13 a 6, provvedimento resosi necessario – ha detto il direttore della centrale operativa del 118 dell’Asl Napoli 1 Centro, Giuseppe Galano, ai vertici dell’azienda con un documento interno – a causa della carenza di camici bianchi e il rischio di non poter garantire la continuità assistenziale sulle 24 ore. Anche la provincia teramana non è indenne, denuncia in una nota Stefano Matteucci, Segretario Provinciale UGL Salute Teramo. “Come sindacato abbiamo più volte sottoposto all’attenzione della direzione strategica della Asl la necessità di rafforzare la presenza medica, capillarizzando l’utilizzo di auto mediche, ovvero mezzi veloci, nel numero di tre: una per la fascia costiera, una sulla strada statale 150 e la terza a Teramo con l’utilizzo del medico di centrale con funzione doppia. La formazione assente per il personale tecnico, la scarsa informativa alla popolazione sulla sperimentazione del Numero Unico di emergenza 112 devono essere un problema da risolvere nel breve periodo”.

“L’internalizzazione del servizio – prosegue il sindacalista – è un’altra battaglia che consentirebbe di avere più infermieri su ambulanze aziendali, in grado di essere utilizzate in postazioni ad oggi gestite da enti terzi. Ad oggi poi, si apprende che l’azienda Asl abbia programmato l’acquisto di massaggiatori automatici “Lucas III” per le ambulanze sul territorio, scelta condivisibile ma che allo stesso preoccupa per l’eventuale tardivo ammodernamento e sostituzione programmata del parco mezzi” conclude Matteucci.

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