Almasri, ivoriana presenta denuncia contro lo Stato italiano: “Stuprata e viva per miracolo”

La donna, che ora vive in Italia e che è sfuggita alla morte, tramite l’avvocato Angela Bitonti punta il dito contro gli organi dello Stato.

Roma –  Una donna della Costa d’Avorio, che vive in Italia, ha presentato una denuncia contro lo Stato,
ipotizzando eventuali omissioni o il favoreggiamento nella vicenda di Almasri. L’atto è stato depositato oggi presso la Procura della Repubblica di Roma dall’avvocato Angela Bitonti, difensore della donna, del foro di Matera, presidente nazionale dell’Associazione per la promozione e tutela dei diritti fondamentali dell’uomo. Nella denuncia si punta il dito “contro gli organi dello Stato che avrebbero posto in essere omissioni e/o favoreggiamento non assicurando alla giustizia il sig. Njem Osama Almasri accusato di crimini contro l’umanità e sul quale pende un mandato di arresto da parte della Corte Penale Internazionale”.

“Sono stata stuprata e massacrata di botte tutti i giorni per almeno un anno nella prigione di Mitiga – sono le parole della donna, nelle dichiarazioni rilasciate dall’avvocato – Almasri e i suoi soldati mi hanno distrutto la vita”. La donna racconta la sua prigionia in Libia. “Ho visto tante donne come me morire a Mitiga – ha messo nero su bianco – morire di stupro. Sono stata l’agnello sacrificale per uno squadrone di uomini per tanti mesi. Sono viva per miracolo. Voi non potete nemmeno immaginare quello che una donna può vivere in quella prigione, nemmeno immaginare. In Italia sono stata aiutata da brave persone a superare, in qualche modo, quello che ho vissuto. Sono andata avanti con la speranza che un giorno potesse essere fatta giustizia”.

E infine, “sono venuta dalla Libia per sfuggire alla morte su un gommone appena galleggiante, il mio carnefice è tornato a casa su un aereo di Stato. Qualcuno mi spieghi davvero quello che è accaduto. Credevo di essere arrivata in un Paese giusto e libero, invece sono stata sacrificata di nuovo. Oggi, guardando indietro, dico che avrei preferito morire a Mitiga”. L’avvocato Bitonti ha chiesto che “sia fatta giustizia su questa
tristissima vicenda umana
e su tutte quelle passate dall’inferno delle carceri libiche”.

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