Agostino Di Bartolomei resterà per i tifosi giallorossi il “capitano mai dimenticato”. Ha giocato nel calcio italiano con forza, dignità, serietà e coraggio. L’amore dimostrato per il pallone non era corrisposto per come si sarebbe aspettato il campione. Quel ragazzo schivo e introverso rimarrà per sempre nella storia del calcio italiano e nei cuori dei suoi tifosi.
E’ il 1955, la Fiat presenta al pubblico la 600, simbolo del boom economico italiano di quegli anni. L’8 aprile di quell’anno nasce a Roma uno dei giocatori più importanti per la storia calcistica Giallorossa e Italiana: Agostino Di Bartolomei. Agostino cresce a Roma Sud, nel quartiere di Tor Marancia. Tira i suoi primi calci al pallone nei campetti di periferia, precisamente in quello dell’oratorio di San Filippo Neri. Il calcio si rivela la sua grande passione; il giovane di Bartolomei dimostra fin da subito eccellenti doti tecniche rispetto ai ragazzini della sua età.
All’età di 13 anni, giocando per una squadra satellite dell’A.S. Roma, viene notato dal reparto di Talent Scout del A.C. Milan che cerca di portarlo a Milano sponda Rossonera senza però riuscirci. Agostino Di Bartolomei riesce senza problemi ad approdare nel vivaio della Roma e, dopo qualche anno, ad essere promosso in prima squadra nella stagione 1972-1973 sotto la guida di Antonio Trebiciani. Il 22 aprile 1973 esordisce a San Siro contro l’Inter, la partita si concluderà per 0-0. E’ contro il Bologna che, nella stagione successiva, segna il primo goal della sua carriera nella prima giornata di campionato. Tra il 1973 e il 1975 Ago, così veniva chiamato dai suoi compagni di squadra, passa tra giovanili e prima squadra finendo in prestito al L.R. Vicenza Virtus, squadra militante in serie B, in cui qualche anno dopo esordirà il Divin Codino Roberto Baggio.
Agostino si afferma nel calcio Italiano nella stagione 1976-1977, la Roma è guidata dal grande Nils Liedholm. Il centrocampista grazie alle suo doti tecniche e al suo carisma, diventa fulcro del centrocampo giallorosso collezionando ottime prestazioni. Diba ha un carattere timido e schivo, è un gran lavoratore, vive la sua passione con dedizione e disciplina diventando un esempio per tutto l’organico.
Gli anni 70 sono quelli della svolta del calcio italiano, gli anni di Rivera al Milan, Zoff alla Juve, Chinaglia alla Lazio. Sono gli anni in cui si respira poesia nel calcio Italiano, un calcio quasi totalmente made in Italy con pochi giocatori stranieri, dove il Torino riesce a conquistare il suo primo (ed ultimo) scudetto dopo la tragedia di Superga.
Ago in questi anni riesce a farsi spazio sgomitando tra i grandi campioni italiani, diventa una sicurezza per la formazione giallorossa, viene spesso usato come centrale difensivo o come libero, garantendo personalità e solidità alla difesa e fluidità nel gioco della Roma.
Stagione 1982-1983
Sono anni dominati dalle potenze del nord, soprattutto dalla Juventus che continua ad affermarsi come la squadra più forte d’Italia. Nell’estate del 1982, il cielo di Spagna si tinge di azzurro, l’Italia è campione del mondo. Di Bartolomei è uno dei grandi esclusi di quella formazione anche a causa del famoso “blocco Juve” formato da Zoff, Scirea, Cabrini, Tardelli e Rossi.
La Roma si presenta come sfavorita ad inizio campionato. Dimostra però fin da subito un buon gioco grazie al capitano Di Bartolomei, al fenomeno Falcao, all’infaticabile Ancelotti, al campione Conti e al bomber Pruzzo. L’8 maggio la Roma vince aritmeticamente, dopo un pareggio allo stadio Marassi contro il Genoa, dopo 41 anni, il suo secondo scudetto. Di Bartolomei vince da capitano, è lui il condottiero di quella Roma impreziosita dal talento inestimabile di Falcao.
Stagione 1983-1984
I giallorossi campioni d’Italia non riescono a difendere il titolo e terminano la stagione al secondo posto, a soli due punti dalla Juventus di Platinì. Di Bartolomei conduce da capitano l’A.S. Roma fino alla finale di coppa dei campioni, nonostante le difficoltà e lo scandalo “Vautrot”. 30 maggio 1984, si gioca la finale di coppa dei campioni: Roma-Liverpool. 70 mila spettatori accorrono allo stadio Olimpico per sentirsi parte della storia. Quella sera è però la sera sei sogni infranti. Il Liverpool batte la Roma ai rigori 4-2, Di Bartolomei segna uno dei due goal.
I giocatori della Roma escono sconfitti dall’unica finale di coppa dei campioni della loro storia, l’atmosfera di festa iniziale si trasforma presto in un ricordo, forse il peggiore della storia giallorossa. La finale di Coppa Italia del 26 giugno dello stesso anno vinta dalla Roma contro il Verona, è l’ultima partita di Ago con la maglia giallorossa. Colleziona nelle fila della squadra capitolina 3 Coppe Italia, 1 Campionato Italiano e 49 goal in 214 presenze.
Di Bartolomei non fa parte dei piani del neo allenatore Sven-Göran Eriksson e la la dirigenza giallorossa decide clamorosamente di cederlo. Si trasferisce al Milan seguendo il suo allenatore Liedholm. Vede il trasferimento quasi come un tradimento e nell’incontro di andata contro la Roma, segna ed esulta rabbiosamente creando astio nei suoi confronti da parte della tifoseria giallorossa, qualcosa si è rotto.
Nel finale di partita, in seguito ad un tackle di Ago su Bruno Conti, Ciccio Graziani aggredisce Di Bartolomei; i due si scambiano qualche pugno prima che arrivino i compagni a dividerli. L’amore della curva giallorossa si affievolisce, tant’è che viene accolto con estrema freddezza all’Olimpico nella gara di ritorno.
Ormai trentaduenne, con l’arrivo di Sacchi al Milan, viene ceduto al Cesena. Nel 1988 gioca per la Salernitana in serie C, dove nella stagione 1989-1990 riesce a conquistare da capitano e da leader, la tanto agognata promozione in serie B con la squadra granata.
Dopo il calcio giocato, si stabilisce a San Marco di Castellabbate nel salernitano insieme a sua moglie e ai suoi figli. Nessuno lo chiama; Ago probabilmente si aspettava una chiamata da parte del presidente Sensi per lavorare nella A.S. Roma. Il calcio si allontana sempre di più, inizia a diventare un lontano ricordo. Investimenti sbagliati, un prestito rifiutato e l’insoddisfazione di non essere riuscito a dare senso alla sua vita dopo il calcio. “Mi sento chiuso in un buco”.
Precisamente 10 anni dopo quella maledetta finale, il 30 maggio 1994, Agostino di Bartolomei muore suicida sparandosi in petto all’età di 39 anni. Una morte silenziosa, spiegata in una lettera alla moglie e rimasta impressa nelle menti di tutti i tifosi.
Ago è e resterà per i tifosi giallorossi il “capitano mai dimenticato”. Ha giocato nel calcio italiano con forza, dignità, serietà e coraggio. Nessuno sa quanto Ago voleva bene al calcio. L’amore dimostrato non era corrisposto o almeno, non tanto quanto lui si aspettava. Quel ragazzo schivo e introverso rimarrà per sempre nella storia del calcio italiano e nei cuori dei tifosi che lo hanno visto giocare.
“Ooooh Agostino, Ago, Ago, Ago, Agostino goal”