Adescava minori tramite i social, ora è pure accusato di stupro

Nuove accuse di violenza sessuale si aggiungono al quadro di adescamento online. ll GIP: uomo incapace di frenare i propri istinti.

Genova – Un ventisettenne genovese, attualmente detenuto nel carcere di Pontedecimo, deve rispondere di accuse pesantissime che vanno oltre l’adescamento online. Le indagini coordinate dalla Procura hanno delineato un quadro inquietante, aggiungendo l’imputazione di violenza sessuale a quelle già esistenti di induzione alla prostituzione, atti sessuali e produzione di materiale pedopornografico.

Al centro dell’inchiesta ci sono almeno nove giovani vittime, di età compresa tra i 12 e i 17 anni, intercettate dall’uomo attraverso i social network.

Il giovane agiva online con lo pseudonimo di “Dome.Balboa“, promettendo denaro e regali in cambio di prestazioni sessuali, oppure offrendosi come autista per accompagnare le ragazze a scuola o dopo le uscite serali. Tuttavia, l’attività dell’indagato sarebbe sfociata in veri e propri abusi fisici.

In un episodio specifico, l’uomo avrebbe immobilizzato una vittima stringendole le mani al collo e intimandole il silenzio sotto minaccia, costringendola così a subire il rapporto. In un’altra circostanza, la violenza sarebbe stata consumata ai danni di una diciassettenne nonostante il pianto della giovane.

L’intera vicenda è emersa paradossalmente a seguito di una segnalazione dello stesso ventisettenne, il quale aveva contattato il 112 dopo aver ricevuto minacce di morte dal padre di una dodicienne. In quell’occasione, pur ammettendo di frequentare la ragazzina, l’uomo aveva negato qualsiasi tipo di rapporto o forzatura.

Il lavoro degli inquirenti suggerisce però che il numero delle vittime potrebbe essere più elevato. Durante le perquisizioni, infatti, uno dei due smartphone dell’indagato è risultato mancante, nonostante lui ne avesse denunciato lo smarrimento poco dopo l’intervento delle forze dell’ordine.

Un elemento centrale dell’ordinanza riguarda l’ambiente domestico in cui avvenivano gli incontri. Molti degli episodi contestati si sarebbero consumati nell’abitazione dove l’uomo risiedeva con i genitori, presenti in casa ma in altre stanze.

Proprio l’apparente inerzia dei familiari ha spinto il giudice per le indagini preliminari a negare i domiciliari in favore della custodia in carcere. Secondo il GIP, il profilo dell’imputato evidenzia una pericolosità sociale marcata, descrivendolo come un soggetto incapace di controllare i propri istinti e costantemente orientato alla ricerca di nuove prede. La decisione della misura cautelare massima è stata motivata anche dal fatto che i genitori non avrebbero manifestato alcuna reale volontà di intervenire o di opporsi alle frequentazioni del figlio.