Caso Bozzoli, assolto l’operaio Oscar Maggi

La sentenza scagiona il cinquantenne per il quale il Pm aveva chiesto 30 anni di reclusione. Per la magistratura non era presente al momento del delitto nella fonderia di Marcheno.

Brescia – Il tribunale ha scagionato Oscar Maggi, cinquantenne dipendente della fonderia dove nell’ottobre 2015 sparì l’imprenditore Mario Bozzoli. Il giudice dell’udienza preliminare Stefano Franchioni ha stabilito che l’operaio non partecipò all’uccisione dell’industriale, ritenendo che non fosse presente quella sera nell’azienda insieme al nipote della vittima, Giacomo Bozzoli, già condannato alla pena massima in via definitiva.

La pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Benedetta Callea, aveva invece richiesto una condanna severa di tre decenni di reclusione per l’imputato, accusandolo di aver collaborato nell’eliminazione fisica dell’imprenditore bresciano.

Oscar Maggi

Secondo l’ipotesi accusatoria, Maggi avrebbe avuto un ruolo specifico quella sera: sarebbe stato lui a riattivare i sistemi di filtraggio dopo che dal grande impianto di fusione si era levata un’insolita nuvola di fumo. Per gli investigatori quel momento coincideva con l’occultamento del cadavre dell’imprenditore nelle fiamme del forno industriale.

L’operaio, assistito dagli avvocati Vera Cantoni, Matteo Pagani e Guglielmo Scarlato, non ha presenziato all’udienza. Quando i suoi difensori lo hanno raggiunto telefonicamente per comunicargli l’esito del procedimento, l’uomo è scoppiato in lacrime per l’emozione, come ha riferito l’avvocato Cantoni ai giornalisti.

Presenti in aula c’erano invece la vedova dell’imprenditore scomparso, Irene Zubani, accompagnata dai figli Giuseppe e Claudio. I familiari della vittima, seguiti legalmente dai fratelli Vanni e Vieri Barzellotti, hanno lasciato il palazzo di giustizia senza rilasciare dichiarazioni, limitandosi a far sapere attraverso i loro legali che sarà necessario attendere il deposito delle motivazioni scritte per comprendere appieno il ragionamento del magistrato.

In attesa della lettura integrale delle motivazioni giudiziarie, l’avvocato Guglielmo Scarlato ha anticipato alcuni possibili ragionamenti che potrebbero aver orientato la decisione del giudice. Un elemento chiave riguarda il comportamento dello stesso Maggi subito dopo la scomparsa: fu proprio l’operaio a indicare agli inquirenti la presenza del muletto di Mario Bozzoli vicino alla bilancia del forno, con il carico ancora sistemato e il motore in funzione.

“Se avesse pianificato un crimine”, ha osservato il legale, “avrebbe orientato le indagini verso la zona dove si stava consumando il delitto? Sarebbe una scelta illogica. E se non fu coinvolto nella pianificazione, come si può sostenerlo concorrente necessario nell’esecuzione?”

Nelle motivazioni del primo grado di giudizio contro Giacomo Bozzoli, la Corte d’assise aveva ricostruito l’omicidio come un crimine d’odio commesso in azienda dal nipote con il supporto di due addetti al forno, Giuseppe Ghirardini e Oscar Maggi, oltre alla presunta connivenza di altri due operai, Aboyage Akwasi e suo fratello Alex. Ghirardini venne trovato senza vita in Valcamonica pochi giorni dopo i fatti, in quella che fu ritenuta una morte volontaria.

Giacomo Bozzoli
Giacomo Bozzoli

Le sentenze successive avevano collocato entrambi gli operai vicino al grande forno proprio quando si verificò l’anomala emissione di fumi alle 19.18, episodio interpretato come la fase conclusiva dell’eliminazione del corpo. Maggi fu identificato come colui che sbloccò manualmente l’impianto di ventilazione in quel frangente.

La Corte di Cassazione aveva definito Giacomo come l’ideatore e il promotore della condotta di Ghirardini, almeno per quanto riguardava la distruzione del cadavere, mentre Maggi era stato considerato un esecutore materiale, pur in assenza di prove certe di un accordo criminoso preventivo tra il nipote dell’imprenditore e l’operaio.

Con l’assoluzione di Maggi, al momento rimane un solo condannato per la morte dell’imprenditore bresciano: Giacomo Bozzoli, che sta scontando la pena dell’ergastolo confermata in via definitiva. Il nipote della vittima si trova in carcere da oltre dodici mesi e potrebbe nutrire speranze che i futuri sviluppi processuali del caso del suo ex dipendente possano in qualche modo aprire nuovi spiragli per una revisione della sua posizione, sebbene la sua condanna sia ormai definitiva.