Operazione “Ghenos”: stop ai reati sul patrimonio archeologico

45 misure cautelari, 76 scavi abusivi e 10mila reperti, tra cui 7mila monete rare, sequestrati tra Sicilia, Calabria ed Europa.

Palermo – Nell’ambito di una complessa indagine denominata “Ghenos”, i carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Palermo, coordinati dalla Procura Distrettuale di Catania, hanno eseguito, con il supporto dell’Arma dei Carabinieri competente sul territorio e con la partecipazione del 12° nucleo elicotteri carabinieri e dello squadrone eliportato carabinieri “Cacciatori Sicilia”, contestualmente nelle province del territorio siciliano, Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Enna, estendendo le attività di delega anche a Roma, Firenze, Ravenna, Ferrara, fino anche in territorio estero, Regno Unito e Germania, un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali, emessa dal G.I.P. del tribunale di Catania su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 45 soggetti tutti, a vario titolo, ritenuti responsabili dei reati di associazione per delinquere (art. 416 c.p. co. 1, 2 e 3 c.p.), violazione in materia di ricerche archeologiche (art. 175, c. 1, lett. A, D.Lgs. 42/2004), impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato (art. 176, c. 1, D.Lgs. 42/2004), impiego di denaro di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.), furto di beni culturali (art. 518 bis c.p.), ricettazione di beni culturali (art. 518 quater c.p.), autoriciclaggio di beni culturali (art. 518 septies c.p.), falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali (art. 518 octies c.p.), uscita o esportazione illecita di beni culturali (art. 518 undecies c.p.), contraffazione di opere d’arte (art. 518 quaterdecies c.p.) e ricettazione (art. 648 c.p.).

I soggetti erano organizzati in più associazioni a delinquere radicate nell’area catanese e siracusana, finalizzate ad un’attività sistematica e organizzata di scavi archeologici in plurimi siti riconosciuti di valenza archeologica dalla normativa regionale e nazionale, insistenti nell’intero territorio siciliano e in parte in quello calabrese. I citati provvedimenti cautelari personali hanno riguardato, nello specifico, 9 ordini di custodia cautelare in carcere, 14 arresti domiciliari, 17 obblighi di dimora (tra cui 8 con obbligo di permanenza notturna in casa), 4 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria (di cui 2 notificati in territorio estero) e 1 sospensione dell’esercizio di impresa a carico del titolare di una casa d’aste.

L’indagine “Ghenos”, condotta dai carabinieri del Nucleo TPC di Palermo, aveva portato nella prima fase investigativa al sequestro di circa 10 mila reperti archeologici, di cui circa 7 mila monete antiche riconducibili a diverse tipologie di conio raro, di epoca greca emesse nei territori della Magna Grecia e della Sicilia: vi sono esempi rarissimi di emissioni di monete in bronzo di eccezionale importanza storico-culturale appartenenti alle zecche di Heraclea, Reggio, Selinunte, Katane, Siracusa, Panormos e Gela.

Un altro gruppo di monete bronzee provengono da produzioni minori della cuspide nord – orientale dell’isola, quali Calactae, Alaesa Archonidea, Alontion e Tyndaris, quasi tutte in eccellente stato di conservazione. Alcune emissioni sono state ritenute da esperti numismatici di elevato interesse storico e scientifico per la loro rarità.

Si segnalano, inoltre, monete pertinenti a zecche magnogreche e siceliote, la cui cronologia si estende dalla metà del V sec. a.C., con un’emissione in bronzo di forma piramidale di Akragas che costituisce la più antica produzione numismatica della città, fino all’avanzata età ellenistica, periodo al quale appartengono bronzi reggini e della Sicilia orientale (Menaion, Alaisa Archonidea, Kalacte e Mamertini).

Le attività investigative condotte sui territori della Sicilia occidentale hanno permesso di sequestrare anche un raro esempio di moneta bronzea della zecca di Alykiai e due della zecca di Iaitas (Monte Jato). Si menzionano anche alcune rarissime frazioni numismatiche originarie della zecca di Ziz-Panormos, nonché altre rare litre della nota area archeologica di Morgantina ed Herbessos.

Nello sviluppo dell’indagine sono stati eseguiti 5 riscontri investigativi conclusi con l’arresto in flagranza di 6 indagati, tra cui 5 soggetti sorpresi in flagranza di reato nelle attività dello scavo clandestino, nel 2022, all’interno del sito archeologico di Baucina, mentre in altre due circostanze sono stati bloccati 3 indagati all’atto dell’esportazione illecita all’estero di reperti archeologici, con il sequestro di numerose monete avvenuto a Dusseldorf, con l’ausilio della polizia tedesca.

Le perquisizioni eseguite nel mese di novembre scorso su quei territori, propedeutiche alle odierne misure cautelari, hanno permesso di scoprire nell’area catanese anche un laboratorio (una zecca clandestina) utilizzato per la produzione di falsi manufatti archeologici in ceramica e per la contraffazione di monete e rame allo stato puro (stampi, strumenti per la colatura, conii e bilancini).

Tra le migliaia di reperti, sono stati sequestrati reperti monetali archeologici, in bronzo e in oro, alcuni rari o unici esemplari, centinaia di reperti fittili, tra cui crateri integri a figure nere e rosse, chiodi e frammenti, fibule protostoriche, anelli in bronzo, pesi, monete rudimentali (aes) in bronzo con globetti indicanti il valore ponderale e/o nominale, fibbie, punte di freccia e askos buccheroide.

Sequestrati, inoltre, anche circa 60 strumenti predisposti alla ricerca di metalli preziosi, tra cui metal detectors e diversi arnesi idonei agli scavi clandestini. Il valore economico complessivo dei reperti sequestrati ammonta a 17 milioni di euro.

La complessa attività investigativa era stata avviata nel 2021, a seguito della denuncia della dirigenza del Parco Archeologico di Agrigento per le plurime attività di scavo clandestino compiute dal giugno 2019 nel sito archeologico di Eraclea Minoa, insistente nel territorio di Cattolica Eraclea (AG).

L’indagine seguita dai carabinieri TPC è stata attivata con il monitoraggio dei tombaroli paternesi e lentinesi che, organizzati in diverse squadre, avevano perpetrato ben 76 scavi clandestini nelle aree archeologiche siciliane e, in due circostanze, anche nel sito calabrese di “Scolacium”.

L’inchiesta si è poi sviluppata anche sul piano internazionale, supportata da articolate attività tecniche realizzate con servizi dinamici, acquisizione di dati del traffico telefonico e telematico, attività di videoripresa presso i luoghi di incontro tra gli indagati, perquisizioni, sequestri, arresti in flagranza, attività di pedinamento, fino anche perquisizione e sequestri eseguiti in Germania tramite richiesta alla magistratura estera con l’Ordine Europeo di Indagine, tracciando il percorso di illegalità dei beni sottratti al patrimonio indisponibile dello Stato italiano, sino alla loro vendita in case d’aste straniere.

Tutto ciò ha consentito alla magistratura catanese e ai carabinieri del Nucleo TPC di Palermo di delineare e intercettare una complessa articolazione criminale, composta da più distinte consorterie strutturate dedite allo scavo clandestino e al traffico illecito di reperti archeologici, anche a livello internazionale. I carabinieri TPC hanno, così, potuto ricostruire l’intera filiera associativa che, nella tipica struttura organizzativa denominata “archeomafia”, si compone dei diversi ruoli che partono dalla base con le squadre dei cosiddetti tombaroli specializzati nello scavo clandestino (utilizzando vari strumenti per analizzare il terreno come metal detector, “branda”, georadar e per effettuare gli scavi “spillone”, “zappetta”, macchine per movimento terra), che, con le loro illecite condotte predatorie, distruggono inevitabilmente la morfologia dei siti.

Questa manovalanza aveva eseguito una sistematica sequenza di escavazioni con apposite attrezzature in numerosi siti archeologici della Sicilia e, in parte, anche di Calabria. Il sodalizio si componeva anche dei ricettatori locali, fino a raggiungere le figure dominanti dei trafficanti internazionali del mercato illecito dell’arte.

Le meticolose investigazioni svolte dai carabinieri TPC hanno permesso di smantellare e neutralizzare i diversi sodalizi criminali che operavano principalmente nell’area etnea, fino ad estendere le proprie ramificazioni in Germania e Regno Unito. Le ricerche hanno portato anche al sequestro di notevole documentazione probatoria trovata nella disponibilità degli indagati, a dimostrazione delle loro attività illecite nel traffico di reperti archeologici, anche in ambito di contraffazione, nonché la documentazione contabile, a dimostrazione delle transazioni illecite correnti.


Le attività investigative ruotavano fin dall’inizio attorno alla figura di un ricettatore di reperti archeologici, che operava in località del versante sud-occidentale dell’Etna, già in passato interessato da vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto nella ricettazione di monete d’interesse archeologico.