Sigillo finale sulla “mafia dei pascoli”: confermato l’impianto accusatorio sulle truffe ai fondi europei.
Messina – La Corte di Cassazione ha reso definitive cinquanta condanne nell’ambito del maxiprocesso Nebrodi, mettendo la parola fine a uno dei più importanti procedimenti antimafia degli ultimi anni. La quinta sezione penale ha confermato integralmente il quadro accusatorio per il nucleo principale degli imputati, ritenuti figure di vertice o comunque organiche al sistema criminale che per anni ha drenato fondi europei destinati all’agricoltura attraverso un sofisticato meccanismo di truffe.
Il procedimento nasce dall’operazione del 15 gennaio 2020, quando oltre mille uomini della Guardia di Finanza di Messina e dei carabinieri del ROS eseguirono una delle più vaste operazioni antimafia mai realizzate in Italia sul versante dei fondi europei per l’agricoltura. L’inchiesta della DDA di Messina ha fatto luce su un sistema criminale che utilizzava terreni presi in prestito da tutta la Sicilia e da zone impensabili dell’Italia, spacciandoli come propri per accedere ai finanziamenti comunitari.
Tra le condanne più rilevanti confermate dalla Cassazione figurano quelle a carico dei presunti appartenenti al gruppo dei Batanesi. Sebastiano Bontempo deve scontare 20 anni e 6 mesi, mentre Vincenzo Galati Giordano, noto come “Lupin”, la condanna è di 19 anni e 6 mesi. Pene definitive anche per Sebastiano Conti Mica (17 anni e 6 mesi), Domenico Coci (13 anni e 8 mesi), Giuseppe Costanzo Zammataro (14 anni e 6 mesi), Salvatore Bontempo e Gino Calcò Labruzzo (entrambi 10 anni).
La sentenza rappresenta il punto di arrivo di un’attività investigativa che ha squarciato il velo di silenzi e omertà che aveva soggiogato per anni un intero territorio. Come scrissero i magistrati nell’ordinanza, “la mafia ha scoperto che soldi pubblici e finanziamenti costituiscono l’odierno tesoro” e che “il campo di maggiore operatività è divenuto il grande business derivante dalle truffe ai danni dell’Unione Europea, più remunerative e meno rischiose”.
Il meccanismo è stato interrotto dal cosiddetto “Protocollo Antoci”, ideato dall’ex Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, oggi europarlamentare del M5S, insieme al Prefetto di Messina Stefano Trotta. Quello strumento, recepito nei tre cardini del Nuovo Codice Antimafia e votato in Parlamento il 27 settembre 2015, ha consentito a magistratura e forze dell’ordine di porre argine a una vicenda che durava da decenni.
Per questo impegno, Antoci ha rischiato la vita in un tragico attentato mafioso dal quale si è salvato grazie all’auto blindata e agli uomini della sua scorta, tutti promossi per merito straordinario e insigniti della medaglia d’oro al valore civile. Come sottolineò il giudice nell’ordinanza dell’operazione Nebrodi, “Antoci si è posto in contrasto con gli interessi milionari della mafia”.

“Abbiamo colpito con un’azione senza precedenti la mafia dei terreni, ricca, potente e violenta, ed è per questo che quella notte volevano fermarmi”, ha dichiarato Antoci commentando la sentenza. “Le condanne in Cassazione e la tenuta dell’impianto accusatorio sono la conferma del buon lavoro svolto dalla magistratura di Messina e dalle forze dell’ordine”.
L’europarlamentare ha aggiunto: “Non si è mai felici quando le persone varcano le porte del carcere. La giustizia ha vinto, ma ha perso ancora una volta la dignità di un Paese e di un territorio che ha subito per anni la pressione criminale senza che nessuno lo difendesse. Noi lo abbiamo difeso e continueremo a farlo, nonostante il prezzo che stiamo pagando”.
Nel complesso, la Corte d’Appello di Messina aveva pronunciato nel settembre 2024 sessantacinque condanne, diciannove assoluzioni e sei dichiarazioni di prescrizione. La Cassazione ha confermato il nucleo principale delle responsabilità, disponendo alcune assoluzioni parziali e dichiarando la prescrizione per numerosi singoli episodi di truffa. Un centinaio di capi d’imputazione, relativi a fatti che si fermano al 19 ottobre 2015, risultano estinti per prescrizione. Antoci ha annunciato che da questo momento l’impegno sarà rivolto a replicare il lavoro svolto con un’apposita norma europea.