Quando Giorgia Meloni tuonava contro il “fisco predatorio” e chiedeva un tetto al 40% sul PIL. Oggi la pressione è oltre il 42%.
Lo scorso anno il rapporto tra le imposte incassate dallo Stato e il Prodotto interno lordo ha raggiunto il 42,6%, registrando una crescita superiore a un punto percentuale rispetto al 2023. L’istituto nazionale di statistica ha precisato che l’incremento deriva dal fatto che le entrate fiscali e contributive sono aumentate più rapidamente del PIL.
Questo dato contraddice quanto promesso dai partiti della coalizione di governo nel loro programma elettorale del 2022, quando si erano impegnati esplicitamente a ridurre il carico fiscale sui cittadini. L’aumento della pressione fiscale smentisce inoltre le proposte sostenute in passato dalla leader di Fratelli d’Italia e attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Nel 2013 la leader di Fratelli d’Italia, allora deputata, aveva presentato alla Camera una proposta di legge per modificare l’articolo 53 della Costituzione, che stabilisce: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
La proposta dell’esponente di Fratelli d’Italia, condivisa con altri colleghi di partito tra cui l’attuale presidente del Senato Ignazio La Russa, prevedeva l’inserimento in Costituzione di un tetto alla pressione fiscale. Il testo suggeriva di aggiungere questo comma all’articolo 53: “La legge regola i rapporti tra i contribuenti e il sistema tributario secondo princìpi di chiarezza, semplicità, equità e non retroattività delle norme. La legge determina il prelievo fiscale nel rispetto del principio che la pressione fiscale non deve superare il 40 per cento del Prodotto interno lordo nazionale”.
Secondo quella proposta, quindi, sarebbe stato incostituzionale registrare una pressione fiscale superiore al 40 per cento del PIL, situazione verificatasi sia nel 2025, che nel 2024 e nell’anno precedente, tutti mentre Giorgia Meloni era a Palazzo Chigi. A maggio 2014 la stessa leader di Fratelli d’Italia aveva definito “geniale” l’idea di inserire un limite costituzionale alla pressione fiscale, giustificando la necessità di “tutelare i cittadini dalle pretese di un fisco predatorio”.
In quell’occasione Meloni aveva scritto sui social network: “Invitiamo pertanto Silvio Berlusconi a chiedere al capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, di sottoscrivere la nostra proposta di legge e di aiutarci a calendarizzarla ai fini della sua approvazione”. All’epoca era in carica il governo guidato da Matteo Renzi, sostenuto in Parlamento dal Partito Democratico e dal Nuovo Centrodestra. La proposta non andò oltre la Commissione Affari costituzionali della Camera.