Amatrice, nove anni dopo il sisma: la battaglia di Mario Sanna per i dimenticati del terremoto

Tra ricostruzione ferma e famiglie in attesa di giustizia, la storia di un padre che ha perso tutto ma non si arrende.

Amatrice – Nove anni. Tanto tempo è passato da quel tragico 24 agosto 2016, quando alle 3:36 del mattino la terra tremò con una violenza inaudita nel centro Italia, spazzando via vite, case, sogni e speranze. Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto: nomi che da allora evocano dolore ma anche una incredibile capacità di resistenza di fronte all’indifferenza delle istituzioni.

Tra i volti di questa resistenza c’è quello di Mario Sanna, un uomo che in quel maledetto agosto ha perso suo figlio Filippo. Da allora, la sua vita si è trasformata in una battaglia quotidiana per la dignità e la memoria delle vittime ma soprattutto per ottenere quella giustizia che sembra sempre più lontana.

Filippo Sanna

La protesta estrema: 33 giorni di sciopero della fame

La disperazione di Mario si è materializzata in gesti estremi che hanno scosso l’opinione pubblica. Nel 2021, ha intrapreso uno sciopero della fame durato 21 giorni, una protesta silenziosa ma dirompente per sollecitare un intervento a favore dei cittadini che erano in affitto al momento del sisma. Persone dimenticate dai meccanismi di assistenza, lasciati soli di fronte alla burocrazia e all’indifferenza.

Non pago di questo primo tentativo, nel 2022 Mario Sanna è tornato alla carica con altri 12 giorni di digiuno, questa volta chiedendo allo Stato l’istituzione di un fondo di supporto alle famiglie delle vittime di grandi catastrofi. Trentatré giorni complessivi senza cibo, con l’unica arma della propria sofferenza per dare voce a chi voce non ha più.

Un territorio dimenticato e ancora fragile

La storia di Mario Sanna si intreccia con quella di un territorio che fatica a rinascere. Dopo nove anni, la ricostruzione procede a rilento, quando procede. L’economia locale stenta a riprendersi, molti residenti aspettano ancora una casa degna di questo nome e le risposte delle istituzioni sembrano sempre inadeguate rispetto alla portata del dramma.

Il centro storico di Amatrice

La fragilità del territorio è emersa ancora una volta solo qualche settimana fa, quando un nubifragio ha messo in ginocchio l’agricoltura locale, spingendo alcuni a chiedere la dichiarazione dello “stato di calamità naturale”. Un territorio che sembra condannato a subire, senza mai riuscire a riprendersi completamente.

Il Fondo delle vittime: “Una battaglia di civiltà”

Al centro della battaglia di Mario Sanna c’è l’istituzione del “Fondo di supporto per le famiglie delle vittime di Amatrice, un meccanismo di assistenza economica e morale per chi ha perso tutto nel sisma del 2016. Questo fondo dovrebbe fornire un sostegno concreto alle famiglie nel difficile percorso di ricostruzione, non solo materiale ma anche psicologica.

Per Mario, quella per il fondo è “una battaglia di civiltà”: non si tratta solo di denaro ma di riconoscere la dignità del dolore e il diritto di chi ha subito perdite irreparabili a ricevere un sostegno adeguato dallo Stato. È il principio stesso di solidarietà nazionale che viene messo in discussione quando le istituzioni voltano le spalle ai propri cittadini nel momento del bisogno.

Amatrice oggi: tra memoria e oblio

Oggi Amatrice è un simbolo ambivalente: da un lato rappresenta la tragedia e l’abbandono, dall’altro la capacità di non arrendersi di fronte alle avversità. Le storie come quella di Mario Sanna e di Sonia Santarelli del Comitato civico 3e36 Amatrice e Accumoli testimoniano che la memoria delle vittime è ancora viva, così come la determinazione a ottenere giustizia.

Comitato Civico 3e36

Nove anni dopo, mentre l’Italia guarda altrove, c’è chi continua a combattere perché quelle 299 vittime del sisma non vengano dimenticate. E perché chi resta abbia almeno la dignità di un futuro migliore di questo presente fatto di attese, promesse mancate e ricostruzioni che non arrivano mai.

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