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Garlasco, scomparso il Dna sotto le unghie di Chiara (e altri reperti chiave). Indagine a rischio?

La “prova regina”, il residuo biologico prelevato sotto le unghie della vittima, non si trova più, forse distrutto dopo la condanna definitiva di Stasi. Impossibile il nuovo confronto genetico diretto con Andrea Sempio.

Pavia – La nuova indagine sull’omicidio di Chiara Poggi, avviata a seguito della formale iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, potrebbe già arenarsi. A denunciarlo è un’approfondita inchiesta de Il Messaggero, che ha portato alla luce un fatto sconcertante: sono scomparsi i principali reperti probatori. Tra questi, elementi cruciali come il Dna trovato sotto le unghie della vittima e frammenti d’intonaco con impronte potenzialmente identificative.

Il Dna sotto le unghie: compatibile con Sempio, ma ora è sparito

Il punto più critico riguarda proprio il residuo biologico prelevato da sotto le unghie di Chiara Poggi, al centro delle nuove analisi genetiche. Secondo gli esperti incaricati dalla Procura di Pavia, i dati raccolti nel 2007 indicano che quel Dna sarebbe tra le 476 e le 2.153 volte più compatibile con Andrea Sempio rispetto a un soggetto ignoto.

Ma oggi quel campione non esiste più: probabilmente distrutto dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi nel 2015, quando nessuno immaginava una riapertura dell’inchiesta. L’assenza del campione fisico impedisce qualsiasi nuovo accertamento diretto, rendendo il confronto genetico una mera valutazione statistica su dati passati.

Gli altri reperti scomparsi: impronte e pigiama

Non è solo il Dna a mancare. Il quotidiano romano elenca una serie di reperti oggi non più disponibili: il frammento d’intonaco con l’impronta n. 33, attribuita a un amico di Marco Poggi (fratello della vittima); il pigiama di Chiara, sul quale era presente un’impronta rilevante, documentata solo fotograficamente; altri materiali biologici di possibile interesse investigativo.

Secondo la ricostruzione, tali prove sarebbero state smaltite dopo la sentenza definitiva, in assenza di prescrizioni specifiche per la loro conservazione a lungo termine.

La perizia e i limiti degli strumenti statistici

In assenza dei reperti fisici, i genetisti Carlo Previderé e Pierangela Grignani, noti per il caso Yara Gambirasio, hanno effettuato un’analisi su base statistica, utilizzando il software Y-Str Mixture Calculation. Il risultato: il profilo genetico esaminato è molto più compatibile con Sempio rispetto a un individuo ignoto.

Tuttavia, gli stessi periti sottolineano un limite importante: non è possibile escludere l’ipotesi di contaminazione. E senza materiale originale, non si possono effettuare nuove verifiche né replicare i test.

Un altro Dna ignoto e l’ipotesi della terza persona

Dalla perizia emerge anche la presenza di un secondo profilo genetico maschile, riscontrato sull’anulare sinistro di Chiara. Questo Dna non corrisponde né a Sempio né a Stasi, suggerendo il possibile contatto con una terza persona nelle ultime ore di vita della giovane.

Per escludere contaminazioni da parte degli operatori intervenuti sulla scena del crimine, la Procura ha ordinato il prelievo di campioni genetici da alcuni carabinieri, in vista del nuovo accertamento fissato per il 17 giugno.

Il timore della famiglia Poggi: “Processo su prove inconsistenti”

Lo storico legale della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, ha espresso perplessità sull’effettiva sostenibilità di un nuovo processo. Durante una recente udienza ha ricordato che esiste già una condanna definitiva nei confronti di Alberto Stasi e ha invitato a evitare ricostruzioni basate su prove parziali o ormai irrecuperabili.

Tizzoni ha inoltre sollecitato la Procura a estendere i test del Dna a tutti i soggetti coinvolti nei primi rilievi, per evitare — come ha dichiarato — di “inseguire l’Ignoto 7, 8 o 9” nei prossimi anni. Un monito contro il rischio di nuovi depistaggi o errori investigativi.

Un’indagine delicata e piena di incognite

Il delitto di Chiara Poggi, avvenuto nella villetta di via Pascoli a Garlasco il 13 agosto 2007, continua a sollevare dubbi e interrogativi. La possibilità che non sia stato Alberto Stasi, ma un altro (o più) autore del crimine, impone un’estrema cautela.

Ma l’assenza dei reperti fondamentali, unita al rischio di contaminazioni passate e alla pressione mediatica, potrebbe trasformare questa riapertura in un’occasione mancata. O anche qualcosa di peggio.

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