Ex Ilva, arrivano 400 milioni: il decreto è legge, sì a continuità produttiva

La Camera approva il testo per garantire una prosecuzione nella produzione e misure sull’autorizzazione integrata ambientale.

Roma – In un momento cruciale per il futuro dell’ex Ilva, è stato approvato anche alla Camera dei Deputati con 140 voti favorevoli, 91 contrari e 3 astenuti il decreto che punta ad assicurare misure urgenti per la continuità produttiva e occupazionale degli impianti ex Ilva, nella quale a febbraio è confluito un altro decreto recante disposizioni sul riesame dell’autorizzazione integrata ambientale per gli impianti di interesse strategico. Il decreto è dunque legge. Viene elevato da 150 a 400 milioni di euro il limite massimo delle risorse che l’Amministrazione straordinaria di Ilva trasferisce ad Acciaierie di Italia per la continuità produttiva, somma proveniente dai fondi della confisca “Riva” prima destinati al ripristino ambientale.

Per compensare questo cambiamento, viene istituito presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy un fondo con una dotazione di 68 milioni di euro per l’anno 2027 e 12 milioni di euro per l’anno 2028 per gli interventi di ripristino e bonifica ambientale nell’area del Sito di interesse nazionale di Taranto. Opere per cui “l’organo commissariale di Ilva Spa elabora un cronoprogramma degli interventi a valere sul fondo”, aggiornato trimestralmente e approvato con decreto del Mimit, “sentito il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica”. Le somme necessarie “sono erogate per stati di avanzamento su richiesta dell’organo commissariale e rendicontate con periodicità mensile”. I fondi provengono dalla riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027. 

Tra le modifiche confermate, anche quelle relative alla valutazione del danno sanitario negli stabilimenti di interesse strategico nazionale. Viene previsto dunque l’aggiornamento ogni sette anni del decreto ministeriale di definizione dei criteri metodologici per la redazione del rapporto di valutazione del danno sanitario (subito dopo l’entrata in vigore della legge, l’aggiornamento dovrà avvenire entro 12 mesi per decreto). Inoltre, vengono stabilite le modalità per la procedura di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale per gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, integrata per la prima volta con la valutazione dell’impatto sanitario. Il gestore dello stabilimento sarà tenuto a fornire il rapporto di VDS aggiornato o, in attesa di nuovi criteri metodologici, uno studio di valutazione dell’impatto sanitario (VIS).

Questo rappresenta una novità rilevante, mirata a garantire un controllo più stringente sulle emissioni industriali e sugli effetti sulla salute pubblica. In questi giorni la Corte di Cassazione ha stabilito che abitanti del Quartiere Tamburi dovranno essere risarciti dal direttore dello stabilimento ex Ilva di Taranto per l’emissione delle polveri di carbone che hanno impedito ai cittadini di vivere pienamente degli immobili. La Corte ha confermato così la condanna al risarcimento sottolineando che, come responsabile degli impianti, aveva una posizione di garanzia e poteva intervenire con delle soluzioni per impedire la diffusione delle polveri che, dall’autunno 2009 al luglio 2012 avevano superato i limiti consentiti per 35 volte l’anno.

Una legge che arriva mentre la vendita è in corso. Il tempo dell’attesa è quasi finito per l’ex Ilva. Il conto alla rovescia per la scelta dell’acquirente. I Commissari straordinari avrebbero chiesto qualche giorno in più per segnalare al governo la scelta del miglior offerente, con cui far partire poi la trattativa in esclusiva. Sarebbe ancora in corso, infatti, il confronto tra Baku e Jindal circa la possibilità di entrare in tandem nel capitale delle acciaierie. Come e in che termini, tuttavia, non è chiaro: alcune indiscrezioni di stampa parlano di una partnership con gli azeri in maggioranza ma il controllo operativo (e la scelta dell’amministratore delegato) in mano agli indiani, mentre altre fonti vicine al dossier riferiscono all’AdnKronos di un assetto societario ”ancora incerto”, su cui quindi si continua a cercare la quadra.

C’è poi la questione della partecipazione di Invitalia. Si tratterebbe, in caso, di una presenza largamente minoritaria, da predisporre tramite emendamento o decreto, su cui il ministero dell’Economia starebbe lavorando. Sul tavolo le offerte per l’acquisto dell’intero complesso degli stabilimenti dell’ex Ilva presentate dai tre colossi nella produzione dell’acciaio: la società dell’Azerbaijan Baku Steel Company, l’indiana Jindal e Bedrock Industries che fa capo ad un fondo statunitense. Le prime due, al momento, sarebbero quelle ritenute più accreditate per investimenti proposti, garanzie occupazionali e piano di sostenibilità. Con Baku in pole position. Ma valutazioni diverse sono sempre possibili. Perderebbe quota, a quanto si apprende, l’ipotesi della cordata mista Baku-Jindal, che presenterebbe criticità operative.

Il momento per l’industria è critico. Donald Trump impone dazi del 25% sull’acciaio europeo proprio mentre la siderurgia italiana esce da un 2024 in rosso. L’export tricolore ha infatti subito una forte contrazione lo scorso anno, registrando una diminuzione del 10% rispetto all’anno precedente. Situazione preoccupante all’ex Ilva di Taranto, attuale sede delle Acciaierie d’Italia, che ha visto un crollo del 75% nelle sue esportazioni, passando da 362 milioni nel 2022 a solo 70,3 milioni di euro nel 2024, scivolando dal 20esimo al 37esimo posto nella classifica nazionale. Terni, dove si trova Arvedi Ast, ha invece registrato una crescita del 5,1%, guadagnando una posizione e arrivando al nono posto con 943 milioni di euro di export.

C’è bisogno di certezza e di prospettive per l’industria: le segreterie generali di Fim, Femca, Fiom, Filctem, Uilm e Uiltec hanno infatti scritto al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, al ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, e alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in merito al Clean industrial deal pubblicato il 26 febbraio. La richiesta dei sindacati – diceva la nota – è quella di rimettere le lavoratrici e i lavoratori e l’industria al centro dell’agenda europea, attraverso un piano industriale sostenibile nel lungo termine, per la tutela ambientale, la creazione di posti di lavoro di qualità, la competitività delle imprese.

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