Il ministro parla del percorso complicato che sta affrontando del Governo per arrivare alla liberazione del cooperante detenuto in Venezuela.
Roma – Trattativa difficile per la liberazione di Alberto Trentini, il 45enne cooperante veneziano arrestato in Venezuela il 15 novembre scorso durante una missione umanitaria. Il governo italiano è silenziosamente al lavoro ma ammette che la strada per riportarlo a casa è irta di difficoltà. “Stiamo seguendo una difficile situazione perché sappiamo che à detenuto, che è in buone condizioni ma la trattativa per farlo uscire dal carcere è molto, molto, molto complicata”, afferma il ministro degli Esteri Antonio Tajani, a Verona, a margine della cerimonia di inaugurazione di LetExpo parlando con i giornalisti del cooperante che da più di 100 giorni è detenuto, per ragioni ancora da chiarire, nelle carceri venezuelane.
“La stiamo seguendo ogni giorno come tutti gli altri 2.500 italiani detenuti nel mondo, abbiamo – prosegue Tajani – fatto sempre tutto il possibile ma non dipende da noi e sapendo bene la situazione del Venezuela ci rendiamo conto di quanto complicata sia qualsiasi trattativa per farlo uscire dal carcere”. Nei giorni scorsi il vicepremier aveva anche sottolineato la delicatezza della trattativa dicendo: “Stiamo investendo ogni sforzo per favorirne il rientro ma dire di più sul caso lo esporrebbe a rischi”. Nel frattempo da qualche giorno è partito il digiuno a staffetta lanciato da familiari e sostenitori di Alberto Trentini. Per tutto il mese di marzo sarà possibile digiunare a turno, per ventiquattr’ore. Per prendere parte alla staffetta del digiuno basta compilare il modulo sul sito bit.ly/digiuno-alberto-trentini, indicando i propri dati e il giorno in cui si desidera aderire. L’iniziativa è stata lanciata sulla pagina Facebook “Alberto Trentini libero”.

Trentini era arrivato nel Paese il 17 ottobre per una missione con le ong Humanity e Inclusion. Poi a novembre, mentre viaggiava da Caracas a Guasdalito, era stato fermato a un posto di blocco e arrestato. A gennaio l’incontro del ministro Tajani con l’incaricato d’affari venezuelano. “Abbiamo ribadito la richiesta di liberazione del nostro concittadino e di tutti gli altri prigionieri politici. Abbiamo anche chiesto – aveva riferito il vicepremier – una visita consolare e che venga trattato nel rispetto delle regole. “Ce ne sono altri italo-venezuelani nelle carceri di quel Paese – aveva aggiunto – stiamo lavorando in tutti i modi per arrivare a capo della situazione con lo stesso impegno abbiamo lavorato per riportare a casa tanti altri italiani nei mesi e nelle settimane passate, da quando siamo al governo”.
Di certo la situazione in Venezuela non è delle migliori: la vicenda di Trentini si inquadra nel clima di forte tensione che si è venuto a creare dopo le elezioni presidenziali del 28 luglio che hanno confermato Maduro (ma l’esito è stato oggetto di contestazioni e proteste): da allora in Venezuela sono stati arrestati 127 cittadini stranieri (svizzeri, tedeschi, americani, spagnoli, italiani, ucraini, albanesi e olandesi) che ora sono detenuti. A mantenere alta l’attenzione sul caso c’è stato un flash mob a Venezia, città di Trentini, organizzato dagli amici e dall’Associazione Articolo 21. In dodici hanno indossato al collo un cartello con una lettera per formare lo slogan Free Alberto, reggendo uno striscione con la sua foto e l’hashtag #freealberto,