Un avvocato fuori dal coro e la petizione al Senato contro la separazione carriere

Eraldo Stefani, docente di criminologia e indagini difensive alla Sapienza, sulla questione ha anche avviato una raccolta di adesioni sui social.

Roma – Se quasi tutti gli avvocati sono favorevoli alla separazione delle carriere, c’è una voce fuori dal coro sull’argomento. In una petizione che va contro la riforma, si invita a valorizzare il ‘fascicolo del difensore’ previsto dal codice di procedura penale: autore dell’iniziativa, protocollata al Senato, l’avvocato Eraldo Stefani di Firenze, docente di criminologia e indagini difensive alla Sapienza di Roma, studioso di temi di procedura penale, che sulla questione ha anche avviato una raccolta di adesioni sui social. “La separazione delle carriere è un falso problema che sta occupando il tempo prezioso del Parlamento senza valida ragione” mentre “un cambiamento reale si può avere solo se l’avvocatura rivendicherà il suo ruolo insostituibile con l’uso degli strumenti processuali esistenti”, spiega Stefani all’Ansa.

Ritenendo “doveroso” esporre le sue ragioni al Parlamento come ricercatore di procedura penale e autore di
numerose pubblicazioni sul tema, l’avvocato chiede un'”audizione innanzi alla commissione Giustizia del Senato per illustrare ulteriormente, alla luce del mio curriculum scientifico e professionale, i motivi che rendono inutile e priva di effetti la separazione delle carriere”. Il legale sottolinea nella petizione, in modo diverso dai tanti avvocati favorevoli invece alla separazione delle carriere dei magistrati, che “manca la consapevolezza dell’avvocatura sulla possibilità di assumere un ruolo attivo nel procedimento penale, espletando attività investigative al pari del pubblico ministero”.

“È più che mai necessario che il professionista conosca la normativa riguardante questo potere di investigare, che nelle università non viene insegnato”, prosegue la petizione, “tutto quello che il codice di procedura penale, entrato in vigore il 24 ottobre 1989 ha disposto, creando una sorta di parentela di poteri tra pubblico ministero ed avvocato, è rimasto completamente nell’ombra”; “abbiamo bisogno di un pubblico ministero che con il suo fascicolo ex art. 433 c.p.p. svolga il suo compito rispettando il suo ruolo istituzionale, portando al giudice anche le attività di investigazione che fa l’avvocato”, “il fascicolo del difensore ex art. 391 octies c.p.p.”.

Il pm “si avvale della polizia giudiziaria, l’avvocato ha potere di investigare” ma “manca completamente questa preparazione nell’avvocatura, questa impostazione professionale e istituzionale”, “la separazione delle carriere servirebbe solamente ad allontanare ancora di più il pm dal giudice”, conclude.

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