Il procedimento scaturisce dal caso di Evita, 40enne di Torino che si è rivolta al giudice dopo la sua richiesta accedere alla fecondazione assistita.
Roma – La legge 40 torna sotto la lente della Corte costituzionale: oggi, in udienza pubblica, i giudici della Consulta avvieranno il vaglio della questione di legittimità, sollevata dal tribunale di Firenze, in relazione all’articolo 5 della legge, nella parte in cui prevede che possano accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita solo “coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi”, e non, dunque, le donne single. Il procedimento scaturisce dal caso di una donna – Evita, 40enne di Torino – che si è rivolta al giudice dopo che la sua richiesta di poter accedere a “fecondazione assistita di tipo eterologo con l’utilizzo di un gamete maschile di un donatore anonimo” è stata respinta da un centro di fecondazione assistita in Toscana, proprio sulla base del divieto sancito dalla legge.
In una nota l’Associazione Luca Coscioni, spiega che l’udienza si concentrerà sul divieto di accesso alla procreazione medicalmente assistita (Pma) per le donne singole, attualmente sancito dall’articolo 5 della legge 40 del 2004, che prevede che possano accedere a queste tecniche solo le coppie di sesso diverso, stabilmente conviventi o sposate. Nel procedimento davanti al tribunale di Firenze sono intervenuti anche Serena che anche vuole accedere alla Pma e l’Associazione Luca Coscioni. Evita e le altre parti sono difese dal team legale dell’Associazione con gli avvocati: Filomena Gallo, Marilisa D’Amico, Paola Stringa, Gianni Baldini, Benedetta Liberali, Francesca Re, Angelo Calandrini, Irene Pellizzone, Rocco Berardo e Alessia Cicatelli.
“Oggi, ci sono donne singole che desiderano diventare madri e si trovano di fronte a una legge che limita le loro scelte e opportunità e sono costrette ad andare in altri Paesi per avere una gravidanza con la fecondazione assistita – dichiara Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, avvocata e coordinatrice del team legale di studio e difesa delle persone che agiscono contro la legge 40/04 – . Poi rientrano in Italia, dove portano avanti la gravidanza, partoriscono e si occupano della crescita dei propri figli legittimi. Se la Corte dovesse dichiarare incostituzionale questo divieto, le donne singole residenti in Italia avrebbero finalmente accesso alla PMA nei centri pubblici e privati senza nessuna discriminazione. Non si determinerebbe alcun vuoto normativo dalla cancellazione del divieto perché già queste tecniche sono garantite e previste su tutto il territorio”.
L’Associazione Luca Coscioni, in occasione del Consiglio Generale del 20 febbraio, tenutosi a Roma, ha lanciato “PMA per tutte”, campagna di informazione e sensibilizzazione sul tema, con l’obiettivo di chiedere la cancellazione del divieto discriminatorio e assicurare l’accesso alla fecondazione assistita a tutte le persone, a prescindere dal loro stato civile. Durante l’evento è intervenuta anche Maria Giulia, una donna di 31 anni di Roma, nata in Italia prima della legge 40, da una madre single che ha potuto accedere alla fecondazione medicalmente assistita. Maria Giulia fa parte del gruppo di lavoro “PMA per tutte”, composto da circa 30 donne, nato all’interno dell’Associazione Coscioni proprio per portare avanti iniziative sul tema.
Nel suo videomessaggio racconta: “Mi chiamo Maria Giulia e ho scoperto una cosa: oggi in Italia mia madre non mi avrebbe potuto mettere al mondo, come ha fatto, nel 1994. … Mia madre non aveva trovato l’uomo giusto con cui costruire una famiglia, ma insieme a mio fratello abbiamo formato con lei una famiglia piena di tutto quell’amore che aveva da dare, e che l’aveva portata a scegliere questa via nonostante tutto. E le sono immensamente grata. Per questo oggi, come donna, vorrei che l’amore che ha arricchito la mia famiglia fosse una scelta possibile per tutte le donne”.